Rivoluzione o guerra n°22

(Settembre 2022)

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Lettera alla TCI sui commenti critici alle nostre tesi sul significato della guerra in Ucraina

(13 luglio 2022)

Speriamo che questa traduzione con l’aiuto di deepl ma senza la verifica di un compagno con una reale padronanza dell’italiano non contenga troppi errori, soprattutto di natura politica. In questo caso, dobbiamo fare riferimento alle versioni inglese e francese.

Il GISC (IGCL-GIGC) alla TCI,

Cari compagni,

Vorremmo rispondere qui alla vostra dichiarazione sulle Tesi sul significato e le conseguenze della guerra in Ucraina che abbiamo adottato e pubblicato il 2 marzo. Innanzitutto, ci scusiamo per il ritardo di questa risposta. In secondo luogo, accogliamo con favore questa presa di posizione critica che non può che aiutarci a chiarire la nostra posizione – senza escludere che alla fine non possiate convincerci di alcune vostre argomentazioni critiche, o addirittura della validità della vostra posizione; e soprattutto, cosa più importante, a fornire un luogo, un riferimento, per un contraddittorio e un confronto fraterno a tutte le forze comuniste di oggi, vecchie e nuove, affinché esse stesse possano orientarsi e, per chi lo desidera, unirsi a noi nella storica lotta per il partito. Chiarire le divergenze e le differenze di approccio e di metodo e confrontarsi sulle posizioni è una dimensione essenziale della lotta per il futuro partito, affinché possa dotarsi degli strumenti programmatici, politici, teorici e organizzativi più chiari ed efficaci possibili.

La vostra lettera affronta tre punti essenziali: la nostra posizione sul partito; la centralità che attribuiamo all’Europa nella situazione storica successiva allo scoppio della guerra in Ucraina; il nostro metodo di analisi, che fa riferimento al concetto di corso storico e che voi considerate idealistico. Una precisazione preliminare: questa critica è per noi di natura politica e come tale del tutto legittima.

Ma prima ripercorriamo la nostra "evoluzione positiva" sulla questione del partito. Il GISC ha dovuto adottare formalmente, con relativa urgenza nel 2013, il documento delle posizioni di base della CCI – escluso quello sulla Decomposizione – come quadro programmatico minimo per uno sviluppo coerente, centralizzato e unitario delle sue attività. Sapendo che all’epoca non eravamo in grado di pronunciarci in modo chiaro e serio sulle piattaforme esistenti della TCI e della CCI, era l’unico documento che menzionava in modo succinto e chiaro i frontieri di classe. E su cui tutti i membri potessero definirsi con serietà e convinzione. Tuttavia, eravamo già coscienti dei limiti di questa piattaforma, in particolare della sua inclinazione conseilliste sulla questione del partito. In realtà, i due nuclei che si sono sciolti per formare il GISC hanno avuto origine, da un lato, dalla partecipazione all’allora gruppo canadese della TCI, la GIO – e quindi dalla posizione della TCI sul partito – e, dall’altro, dalla Frazione Interna della CCI e dalla sua rivendicazione – e persino difesa – della lotta contro il "conseillisme" degli anni ’80, che la CCI aveva condotto allora e che ha poi respinto. Fin dalla nascita della GISC, quindi, eravamo coscienti che dobbiamo superare queste posizioni di base [1], se non altro perché stavamo già ponendo la lotta per il partito come priorità centrale delle attività e dell’intervento del nostro gruppo. Poi, sulla base di questo orientamento iniziale, la nostra evoluzione su questa questione si è affermata e sviluppata nel corso delle lotte, degli interventi nella lotta di classe, dei dibattiti e dei confronti politici con le altre forze della Sinistra comunista – compreso ovviamente la TCI –, del processo di integrazione di nuovi compagni, ecc. che la GISC ha dovuto condurre [portare? NdT] fin dalla sua costituzione e che la nostra rivista ha raccontato ed espresso.

Questo processo di chiarificazione politica ha portato e si è concretizzato nelle nostre posizioni sulle piattaforme della CCI, rifiutata in quanto apertamente conseilliste, e della TCI, che consideriamo insufficiente per il periodo storico che sta iniziando, ma di cui condividiamo l’approccio e le posizioni. Alla fine, abbiamo adottato una piattaforma che si basa – cerca di basarsi – sui principi e sull’eredità della Sinistra comunista de Italia, sulle tesi di Roma e di Lione e sulle piattaforme del 1945 e del 1952 del PCint-Battaglia comunista, e che riprende l’approccio di quest’ultimo. Laddove la coerenza della piattaforma della CCI del 1976 è fornita dal quadro di ascesa-decadenza del capitalismo, anch’esso spesso ridotto a possibili riforme-riforme non possibilii in grado di stabilire la coerenza delle posizioni di classe, la coerenza della piattaforma del PCint di allora è fornita dalla questione del partito: tutte le posizioni di classe si fondano e si articolano attorno ad essa e da essa sono definite. È l’approccio metodologico che la nostra piattaforma ha cercato di adottare, sviluppare e adattare alla situazione storica attuale, quella che la guerra in Ucraina viene a illustrare, chiarire e definire.

L’Europa al centro della situazione internazionale

Qui ci limiteremo a riprendere i pochi commenti che abbiamo pubblicato nella nostra ultima rivista su questo piano. Le tesi insistono sul ritorno dell’Europa in primo piano nella situazione storica, sia in termini di imperialismo che di lotta di classe, il che, secondo la vostra lettera, ci farebbe dimenticare- sottovalutare la realtà del fondamentale antagonismo cino-americano. Non crediamo che ci sia una vera e propria divergenza tra noi. Infatti, le tesi si preoccupano di evidenziare e mettere in guardia il proletariato internazionale sul significato storico della guerra in Ucraina e in Europa. Di per sé, le devastazioni e gli imperialismi in presenza sono simili a quelli della guerra in Siria. Di per sé non ci sono differenze significative, se non per un macabro conteggio di morti e massacri. Tuttavia, le due guerre non hanno lo stesso significato storico, se non per recitare che la guerra è permanente nella fase imperialista del capitalismo, il che non ci permette di vedere la realtà del corso degli eventi e quindi la posta in gioco concreta e politica della situazione.

Il fatto che il primo conflitto che segna un passo importante verso la guerra generalizzata non opponga la Cina e Taiwan, che era una probabilità, ma la Russia e l’Ucraina, rende l’Europa l’epicentro della situazione per il momento e sfida innanzitutto il proletariato europeo; un proletariato che ha, come gli altri, la sua propria esperienza storica; un’esperienza che è certamente la più ricca di tutte le altre frazioni del proletariato mondiale fino ad oggi; un’esperienza che non pregiudica affatto la sua capacità di lottare in massa nel periodo che viene, sapendo che per il momento è largamente assente – la TCI ha ragione su questo punto. Sottolineare questo non significa escludere a priori un’eventuale inversione della situazione internazionale che faccia dell’Asia l’epicentro della situazione in un altro momento, o addirittura in un intero periodo, e dell’Oceano Pacifico il principale teatro della polarizzazione imperialista e della guerra generalizzata, se ciò dovesse accadere. Né che il proletariato cinese e asiatico non possa prendere l’iniziativa di un’ondata rivoluzionaria internazionale di fronte a una guerra che lo colpisca direttamente, come fece il proletariato russo nel 1917. Se c’è una divergenza su questo punto, sta piuttosto nello istituire la probabilità – e non la previsione – degli eventi futuri in base all’analisi degli eventi attuali e delle loro dinamiche che sono determinate dalla prospettiva della guerra imperialista generalizzata e degli scontri di classe che la borghesia non può non cercare di imporre. Per il momento, a causa della guerra in Europa, dell’aggravamento della crisi che essa provoca a sua volta (inflazione e aumento dello sfruttamento), degli attacchi raddoppiati e brutali delle borghesie europee per il loro "riarmo" e dell’esperienza storica del proletariato del continente – tutti fatti materiali e storici – riteniamo più probabile una reazione proletaria di massa alla guerra e alla crisi che parta dall’Europa piuttosto che dall’America, dall’Asia o persino dall’Africa. Questa probabilità non è una previsione, né esclude in modo assoluto che possa essere diversa, la situazione rimanendo invariata per il resto. [2]

Permanenza della lotta di classe?

Se affermare che la guerra è permanente sotto il capitalismo nella sua fase imperialista, di per sé giusto, non serve a molto oggi, se non addirittura fa voltare le spalle all’internazionalismo conseguente, d’altra parte riconoscere o no che la lotta di classi – la lotta tra le classi – è permanente rappresenta una posta in gioco teorica e politica importante. [3] Per esempio, e per i più caricaturali, ci sono gruppi bordighisti che negano l’esistenza del proletariato, e quindi della lotta di classi, in assenza del partito. Altri ritengono che il proletariato non esista, e quindi che non esista la lotta di classi, finché non lotta apertamente per i suoi obiettivi storici rivoluzionari. Sappiamo che questa non è la vostra posizione. Ma non sappiamo fino a che punto differiamo nella concezione e nella comprensione della dinamica stessa della lotta di classe – tra le classi. [4]

Voi criticate la nostra affermazione secondo cui “le borghesie dell’Europa occidentale hanno difficoltà a «imprimere alla frazione del proletariato internazionale che ha la più grande esperienza di lotta operaia contro la crisi e anche contro la guerra imperialista, il grado indispensabile di sottomissione per marciare alla guerra». Purtroppo, ci sembra che non sia così, anzi, vediamo che da circa mezzo secolo la nostra classe subisce ogni attacco proveniente dalla borghesia senza rispondere o senza rispondere adeguatamente.”

Una prima osservazione autocritica: la nostra formula esatta che e “una delle difficoltà [non l’unica] per le borghesie dell’Europa occidentale... è imporre... il grado di sottomissione alla marcia verso la guerra” avrebbe dovuto specificare marcia verso la guerra imperialista generalizzata per evitare ogni confusione. Sul fondo della questione, sarebbe cieco negare che il proletariato non riesce a prevenire le guerre imperialiste locali; così come che “non c’è stata, al momento, un’opposizione di massa alla guerra, della classe in quanto tale, né in Ucraina né in Russia e, purtroppo, nemmeno in ‘Occidente’.” [5] O, ancora più in generale, che il proletariato non subisce tutti gli attacchi provenienti dalla borghesia senza una risposta reale all’altezza delle sfide. Ma questi fatti oggettivi, verificabili e verificati, non eliminano la necessità per la borghesia di imporre i vari e molteplici sacrifici aggiuntivi a quelli già imposti in passato che la marcia e la preparazione alla guerra generalizzata richiedono. L’impotenza del proletariato internazionale nel prevenire le guerre locali, e qui in primo luogo l’impotenza del proletariato europeo di fronte alla guerra in Ucraina, non toglie che la borghesia, soprattutto quella europea, a causa della guerra sul proprio suolo, dovrà sviluppare un’economia di guerradixit il presidente francese Macron e come illustra il riarmo della Germania – che, proprio come la crisi, sarà pagata dal proletariato in una forma o nell’altra. Non sta forse già accadendo con la brutale esplosione dell’inflazione e l’intensificazione dello sfruttamento sul posto di lavoro? Non è forse questo che preparano le frazioni più illuminate della borghesia quando avvertono: “Bisogna dire la verità all’opinione pubblica europea. (...) Pensare di influenzare la Russia senza sacrifici è un’illusione. Mentre l’esercito, i leader e i civili ucraini oppongono un’eroica resistenza all’invasore russo, è giunto il momento che i leader politici europei affrontino chiaramente il prezzo della solidarietà e preparino l’opinione pubblica ad affrontarlo.” (editoriale [6] del quotidiano francese Le Monde, 26 febbraio 2022, corsivo aggiunto)

Da questi fatti oggettivi, verificabili e verificati, possiamo notare che il fattore "marcia verso la guerra generalizzata", prodotto dell’esacerbazione e dell’impasse della crisi economica del capitale, diventa un fattore diretto del corso, della dinamica, degli eventi della situazione internazionale e della lotta di classe; almeno quella che la borghesia inizia a condurre e svilupperà per le esigenze della guerra generalizzata, quella che gli esperti militari chiamano guerra di alta intensità e per la quale molti stati maggiori, americani, britannici e francesi a nostra conoscenza, stanno cercando di convincere i loro governi a prepararsi da qualche anno fa. La guerra in Ucraina [7] avrà finito di convincerli. Dall’analisi precedente e, oggi, sulla base del riconoscimento empirico dei fatti in movimento, la lotta di classi non può che esacerbarsi, se non altro a causa della stessa borghesia. Non è forse questo che la vostra stessa piattaforma prevede giustamente, molto prima della guerra in Ucraina?

“Ancora una volta l’alternativa tra guerra imperialista e rivoluzione proletaria viene posta nell’agenda storica e impone ai rivoluzionari sparsi nel mondo la necessità di serrare le fila. Nell’epoca in cui il capitalismo monopolista domina a scala globale, nessun paese può sottrarsi alle forze che spingono il capitalismo alla guerra. L’ineluttabile marcia del capitalismo verso la guerra è accompagnata dall’attacco universale alle condizioni di vita e di lavoro del proletariato. Le condizioni materiali perché inizi una lotta internazionale dei lavoratori contro i loro sfruttatori, perciò, esistono, come esiste la necessità e la possibilità di una rivoluzione comunista.”

È quindi molto probabile che una delle poste centrali del confronto di classe che si sta aprendo sarà la capacità, più o meno grande, della borghesia di imporre al proletariato i sacrifici necessari e aggiuntivi a questa preparazione all’economia di guerra e alla marcia verso la guerra generalizzata. Allo stesso modo, a causa della guerra in Ucraina, della minaccia imperialista e militare russa sull’intero continente e delle conseguenze dirette sulle condizioni di vita del proletariato in Europa, è probabile che il cuore, il centro, di questo primo massiccio confronto tra le classi possa avvenire in Europa. Questo è ciò che diciamo oggi.

Oggi, a due mesi dalla vostra lettera, questa probabilità sembra essere confermata con le premesse, le prime scaramucce, di questo massiccio scontro tra le classi come risultato diretto della guerra e della crisi – la guerra in Ucraina non fa che aggravare l’inflazione che stava già esplodendo prima. Numerosi scioperi e lotte proletarie, persino rivolte sociali, tendono a svilupparsi, in particolare per aumenti salariali, in Europa e in altri continenti (Sri Lanka, Ecuador...); ripetiamolo ancora una volta: in reazione agli attacchi borghesi. Il fatto che i primi rimangano in gran parte controllati dai sindacati, che non assumano un carattere che alcuni definirebbero radicale, persino rivoluzionario, che considererebbero solo economico e non politico, non toglie nulla alla dinamica, alla tendenza, verso reazioni proletarie. Da questo confronto di classe, di cui nulla nella situazione odierna ci permette di delimitare in modo preciso i termini, le condizioni e i terreni di scontro, se non che saranno determinati – economicamente, politicamente e ideologicamente [8] – dalla marcia verso la guerra, è possibile, senza dire che è probabile al momento in cui scriviamo, che il proletariato riesca a spianare la strada per una risposta adeguata alle posti in gioco, cioè a rallentare la marcia verso la guerra, e anche allora a chiarire la propria prospettiva rivoluzionaria come alternativa alla guerra generalizzata. Ma non ci siamo ancora e nulla, se non le nostre speranze e la nostra azione limitata, troppo limitata, ci permette di affermare oggi come probabile che il proletariato riuscirà a rallentare, poi a contrastare la dinamica verso la guerra, e ancor meno oggi a sviluppare la propria prospettiva, quella dell’insurrezione e della dittatura proletaria.

Idealismo e corso storico

La concezione e l’analisi della lotta di classi e dell’attuale situazione storica, quella aperta dalla guerra in Ucraina, che abbiamo appena presentato nella parte precedente è legata all’uso – al tentativo di usare – il metodo che associamo al concetto di corso storico – proprio quello che la CCI ha appena abbandonato al suo 23° congresso nel 2019. Sappiamo che questa è una differenza importante tra noi. Ma riteniamo che sia importante chiarificare per conoscere al meglio quali sono i reali punti di divergenza e senza concentrarsi formalisticamente sulla... formula stessa.

Non partiamo dall’idea del corso versi li confronti di classi, per ridurre tutti i fatti ad essa, o per negarli quando appaiono troppo apertamente in contraddizione con l’idea per essere ridotti ad essa. Cerchiamo di respingere qualsiasi speculazione idealistica cercando di basarci sull’evoluzione del rapporto di forza tra proletariato e capitalismo in base alla sua relazione con la prospettiva della guerra imperialista generalizzata così come agisce e si realizza concretamente; cioè oggi a partire dalla guerra in Ucraina, dal suo significato e dalle sue conseguenze. Essendo questi, guerra, significato e conseguenze, verificabili e verificati – almeno in parte fino ad oggi –, possiamo trarre la probabilità – non le previsioni – sul corso degli eventi, della situazione, per poter adattare le nostre attività, il nostro intervento, in base a queste probabilità e trarre già orientamenti e parole d’ordine per le lotte della nostra classe, anche se possono essere ancora solo molto generali. [9]

Un esempio? Questo è il motivo fondamentale per cui abbiamo aderito all’appello della TCI per la costituzione dei comitati NWBCW. Perché, appunto, si basa, e non poteva che basarsi, sul riconoscimento dell’alternativa storica rivoluzione o guerra per poter avvertire chiaramente le conseguenze pratiche e materiali che la guerra imperialista in Europa comporta rispetto alla guerra imperialista generalizzata e ciò che essa implica per il proletariato; e quindi sulla comprensione – osiamo dire – dialettica che gli ulteriori sacrifici che la borghesia cercherà di imporle, per e in nome della guerra, comportano, oltre alla necessità, le condizioni e la prospettiva di reazioni proletarie. Esempio contrario? L’astratta dichiarazione di principio della CCI senza alcuna proposta di azione concreta e di orientamento verso il proletariato e impotente perché ignora, anzi respinge, ogni pericolo e ogni dinamica verso la guerra generalizzata, non permettendole così di elaborare orientamenti e parole d’ordine di azione concreta, a parte la sua classica antifona e in qualsiasi momento per un nuovo Zimmerwald!

La permanenza dell’antagonismo tra le classi significa che la lotta tra borghesia e proletariato, tra capitale e lavoro, è essa stessa permanente, una costante. Che il corso di questa lotta tra le classi, la sua dinamica, sia sfavorevole o meno dal punto di vista degli interessi storici e immediati del proletariato, non cambia la permanenza dell’antagonismo in atto tra le classi. Cercare di capire la dinamica, quello che chiamiamo il corso storico della lotta di classe, cioè verso un aggravamento o una calma, un’accelerazione o un rallentamento, degli scontri e definire l’evoluzione più probabile del rapporto di forze tra le classi, è proprio uno dei compiti centrali del partito, direzione politica e avanguardia del proletariato. Spetta a lui adattare le attività e gli interventi, gli orientamenti e le parole d’ordine, alle posti in gioco e alle diverse battaglie che si presentano a seconda dei tempi e dei luoghi. Non si può escludere che si sbagli nel definire ciò che è più probabile, così come non si può escludere che la probabilità non si realizzi a causa di varie contingenze. Per questo è necessario verificare costantemente se i fatti confermano o no ciò che è stato definito probabile; e se necessario adattare, modificare, il più rapidamente possibile e nel miglior modo possibile, gli orientamenti e le parole d’ordine, le tattiche. Ma rifiutare ogni analisi e ricerca di ciò che è più probabile, di ciò che la dinamica porta in sé, indebolisce notevolmente la capacità di comprensione e di analisi, che è diventata superflua, e può solo produrre un approccio e una difesa dogmatica e statica di principi e parole d’ordine indipendentemente dalle diverse battaglie e poste in gioco, indipendentemente dal tempo e dal luogo; cioè astratta e priva di utilità per i diversi momenti e battaglie che il proletariato si trova ad affrontare.

Fraternamente, il GISC (IGCL- GIGC), 13 luglio 2022

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Notes:

[1. « Il nuovo gruppo, il Gruppo Internazionale della Sinistra Comunista (GIGC), ha adottato una piattaforma politica basata essenzialmente sulle posizioni di base comuni a due delle principali correnti della Sinistra comunista internazionale, la TCI e la CCI "storica". Questa piattaforma si presenta sotto forma di posizioni di base così come sono state pubblicate nel retro del Bollettino Comunista della FGCI e nelle precedenti pubblicazioni della CCI. L’adozione di una piattaforma nella forma sintetica di posizioni significa che il gruppo, pur facendo riferimento alle posizioni della CCI "storica", non pretende di affiliarsi esclusivamente e unilateralmente a questa singola corrente della Sinistra comunista, ma anche all’altra corrente storica di questa sinistra che difende complessivamente le stesse posizioni di principio e che oggi è rappresentata dalla Tendenza Comunista Internazionalista. In quanto tale e in questa forma, la piattaforma richiederà ulteriori sviluppi e argomentazioni in futuro. » (Risoluzione sulla costituzione del GIGC-IGCL o GISC en italiano, novembre 2013, RG #1)

[2. Ci sono diverse contingenze, a loro volta probabili, che potrebbero mettere in discussione questa probabilità se si verificassero nel breve periodo: l’esplosione di una brutale crisi finanziaria o borsistica che potrebbe scoppiare da un momento all’altro a causa del gigantesco e generalizzato indebitamento, a sua volta destinato ad aggravarsi a causa delle nuove spese per gli armamenti; o ancora, una carestia generalizzata nel continente africano o asiatico, fomentata dal blocco del grano ucraino e dall’esplosione dei prezzi dell’energia, che provocherebbe rivolte sociali come quella in corso oggi nello Sri Lanka. ..

[3. Anche nei momenti più bui della controrivoluzione, durante la stessa Seconda guerra mondiale, le lotte operaie, a volte di massa, si svilupparono e parteciparono a definire, certo al margine, un rapporto di forze leggermente modificato tra le classi; dal 1942 – le miniere in Francia –, poi in Italia nel 1943 fino a essere uno dei fattori della costituzione del Partito Comunista Internazionalista e persino nella Germania nazista nel 1944-1945. Non c’è dubbio che il ricordo e la paura del primo dopoguerra, del 1918 e dell’ondata rivoluzionaria internazionale del primo dopoguerra, abbiano dettato i massicci bombardamenti delle città tedesche, poi l’occupazione militare del Paese e la detenzione dei prigionieri di guerra tedeschi, nell’attesa che lo Stato tedesco venisse ricostituito e rafforzato. Anche nelle profondità della controrivoluzione, l’antagonismo di classe rimane un fattore, un elemento, della situazione e del suo sviluppo.

[4. Lo specifichiamo per due motivi: da un lato, alcuni intendono la lotta di classi solo come lotta di classe, cioè vedono, o tengono conto, solo della lotta proletaria senza considerare il nemico di classe, l’altro polo della contraddizione. A questa difficoltà o confusione si aggiunge poi il fatto che in alcune lingue, ad esempio in inglese, la lotta di classi e la lotta di classe sembrano essere tradotte, a nostra conoscenza, allo stesso modo, con class struggle; e che struggle of the classes, o tra le classi [between the classes], non esiste.

[5. Almeno per il momento, non escludendo che in un futuro più o meno prossimo possa essere riverito in uno o più Paesi europei, Russia compresa – senza dubbio il salasso e il veleno del nazionalismo nelle file del proletariato ucraino rende meno probabili le reazioni di classe da parte sua.

[6. Ci accontentiamo qui di ripetere parte della citazione del quotidiano francese Le Monde che abbiamo utilizzato nelle tesi. Ce ne sono altri dello stesso ordine e con la stessa preoccupazione politica di preparare l’opinione pubblica ai sacrifici per la guerra contro la Russia. Mentre in vari settori, soprattutto quello dei trasporti, sono scoppiati scioperi per l’aumento dei salari, direttamente collegati alla nuova inflazione che tutti associano non solo alla crisi ma ora direttamente alla guerra, i media e i politici – in che misura è lo stesso in altri Paesi? – continuare a preoccuparsi della situazione sociale e del rischio di movimenti e lotte nei prossimi mesi.

[7. La continua scalata nella fornitura e nell’uso di armi sempre più massicce e distruttive in Ucraina, ad esempio le 50.000 bombe che l’artiglieria russa sgancia quotidianamente sulle linee ucraine e che sollevano la questione della loro produzione da entrambe le parti, sta costringendo ciascuna parte, nordamericana, europea occidentale e orientale, e naturalmente la Russia, a rilanciare e aumentare le proprie linee di produzione che non sono più in grado, per il momento, di rifornire ciascun fronte.

[8. La difesa della democrazia contro l’autocrazia e la dittatura per i Paesi occidentali e l’uso spudorato dell’eroica resistenza degli ucraini all’invasore russo e del salasso di cui sono le prime vittime sono argomenti già pronti (cfr. la citazione del quotidiano Le Monde riprodotta sopra) contro l’egoismo di classe di cui tutti gli scioperi e le lotte operaie sarebbero espressione e che quindi dovrebbero essere vietati e repressi in nome dell’unità nazionale e delle necessità della guerra.

[9. Non possiamo affrontare qui il posto del fattore gruppi comunisti e direzione politica nella realtà dell’attuale equilibrio di forza, nonostante il loro isolamento generale e la debolezza della loro influenza, entrambi sono reali, soprattutto senza un movimento di classe, senza una lotta di massa "aperta". Peraltro, il legame partito-classe non si limita, né può essere riassunto dalla semplice constatazione immediata dell’isolamento del primo dal secondo, soprattutto se si considera che “il concetto di classe non deve dunque suscitare in noi un’immagine statica, ma un’immagine dinamica.” (Partito e classe, PC d’Italia, 1921) Ma questo è un altro dibattito da chiarire tra noi.