(Settembre 2023) |
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Nuovo mondo, vecchio mondo (Battaglia comunista – TCI)
Riproduciamo il contributo di Battaglia comunista, organo della TCI in Italia, sulle nuove tecnologie come il ChatGPT. In esso si ricorda la posizione marxista e di classe di fronte alle nuove tecnologie, alla robotica, che non cambiano nulla del rapporto e del modo di produzione capitalistico, in particolare la necessità di sfruttare la forza lavoro viva per continuare l’accumulazione di capitale e la produzione di plusvalore. Le nuove tecnologie legate alla robotica, che stanno portando la produttività del lavoro alle stelle, stanno esacerbando la contraddizione e il crescente squilibrio tra lavoro vivo – proletari - e lavoro morto – macchine e robot. Il risultato è un peggioramento ancora più accelerato della tendenza al ribasso del tasso di profitto capitalistico. Le contraddizioni del capitale, lungi dal diminuire, si approfondiscono. Non possono che spingerlo ulteriormente nell’impasse storica che porta... alla guerra generalizzata.
Che viviamo in un mondo in continuo divenire pare oramai persino superfluo ricordarlo, tanto è lapalissiano. “Todo cambia”, come cantava il simbolo dell’Argentina canora Mercedes Sosa, riferendosi alle cose del mondo che passa e va.
Viviamo in un epoca in cui vai a dormire la sera e ti rialzi il mattino dopo con un messaggio su whatsapp in cui ti annunciano: “Caro signore è stato bello averla nella nostra grande e amata famiglia, ma le circostanze, più forti di noi, ci impongono, con grande dolore... insomma, non so se ha capito, non abbiamo più bisogno dei suoi servigi. A far data da oggi Ella è licenziata.” Saluti e baci. Visto? Todo cambia, todo cambiaa? Ma perché prima i padroni non licenziavano? Beh certo, è cambiato il modo, però, anche solo dieci anni fa questi metodi ancora non si usavano. È anche questo il segno dei tempi, già solo a respirare (possibilmente ben protetti), si sente nell’aria il cambiamento ad ogni minuto. Le rivoluzioni industriali/tecnologiche si susseguono a ritmo frenetico, e ad ogni giro di boa la pesca a strascico si porta con sé le sue vittime. ’Ndo cojo cojo. La borghesia non guarda in faccia a nessuno, nemmeno a sua madre, perché di madre o padre, a cui si genuflette ne ha solo uno: Il profitto. Todo cambia, ma non il profitto, non lo sfruttamento, non la schiavitù del lavoro salariato, non i licenziamenti. Todo cambia, ma, come diceva Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo (non a caso un nobile): “Bisogna cambiare tutto per non cambiare niente”. Anzi bisogna cambiare tutto proprio per tenere il proletariato sempre più soggiogato agli interessi del capitale. Cambiare tutto per mantenere le catene della schiavitù del lavoro salariato sempre ben strette al collo delle masse salariate. Ma procediamo con ordine.
Rivoluzioni industriali
Una premessa innanzitutto, non vogliamo fare un trattato storico sulle rivoluzioni industriali, soprattutto per quanto riguarda i secoli passati, ma semplicemente fissare nella memoria i passaggi più importanti, dal punto di vista storico, del cammino del moderno capitalismo.
La prima rivoluzione industriale comincia a muovere i primi passi nella seconda metà del 18° secolo, quasi esclusivamente in Gran Bretagna, tra gli anni 1760/80, fino alla prima metà del 1800. Da un punto di vista tecnologico la scoperta che diede un impulso formidabile alla produzione fu senz’altro la macchina a vapore. Ma alle scoperte in campo tecnologico soprattutto nel settore tessile, a cui seguirono i settori minerario, siderurgico e meccanico; si affiancò sempre più velocemente una completa rivoluzione anche in una nuova organizzazione del lavoro: sorsero le prime fabbriche e la nuova divisione del lavoro, con grandi concentrazioni di masse di operai. Cominciò per la nascente classe operaia e per il proletariato il moderno inferno, nuove tecnologiche torture così ben raccontate da Engels nel suo “La situazione della classe operaia in Inghilterra”. Pur con le ovvie differenze, il destino degli oppressi batte sempre lo stesso rintocco.
“Tale condanna ad essere sepolti vivi nella fabbrica, a dover sorvegliare incessantemente una macchina infaticabile, è sentita dagli operai come la peggiore delle torture. Infatti il suo effetto ottundente è massimo tanto sul fisico quanto sullo spirito dell’operaio” (Engels). La miseria dei “sepolti vivi”, della stellare, moderna e civile società odierna, passa come una furia impetuosa sui moderni operai senza lasciare traccia visibile, ma intorbida le coscienze e i cervelli come non mai. Una furia silenziosa e invisibile che spazza qualunque cosa si frapponga ai suoi interessi. Ancora oggi, checchè se ne dica, i proletari che hanno la “fortuna” di essere sfruttati, sono degli automi al servizio degli automi. Il fine ultimo, il profitto, non è cambiato. Sono cambiati i sentimenti, la rabbia, gli occhi, sì gli occhi della classe operaia che si sono annebbiati e non riescono più a distinguere nei padroni il loro nemico. Sempre Engels riporta una poesia nel suo scritto che esprime con grande efficaccia, l’ “opinione degli operai” inglesi “sul sistema di fabbrica”: “I suoi sacerdoti, (la borghesia) privi di umanità, /assetati di sangue, colmi di superbia e furore, guidano -o vergogna!- la sua mano gigantesca/ e convertono il sangue in oro. Calpestano nella polvere il diritto dell’uomo/ per il vile oro, loro dio,/il dolore della donna è scherzo per loro/le lacrime dell’uomo loro trastullo./Musica al loro orecchio è l’urlare/del povero in lotta con la morte;/ scheletri di vergini e di fanciulli riempiono/gli inferi del re vapore”.
Abbiamo voluto riportare quasi per intero questo grido di dolore degli operai inglesi contro la borghesia, nella fattispecie contro il suo strumento (la macchina a vapore). Ma è un grido di dolore che dovrebbe risuonare in tutto il mondo; è un grido di dolore che sicuramente le madri, le donne e gli uomini russi e ucraini conoscono bene. Perché quelle centinaia di migliaia di morti sull’altare degli interessi della borghesia imperialista di tutti gli attori in guerra, è “Musica” per le orecchie di questi criminali, ma è la stessa del 1845, la stessa “Musica” legittima figlia di quella macchina a vapore, di quel telaio col “braccio di ferro”; è un grido di dolore che si deve trasformare in rabbia; è un grido di dolore che dovrebbe unire i proletari di tutto il mondo contro il comune nemico: La borghesia, il capitalismo.
La seconda rivoluzione industriale
proseguì subito a ruota, ovviamente, soprattutto quasi senza soluzione di continuità, dalla seconda metà del XIX secolo (intorno al 1860) allargandosi a diversi paesi europei. Essa proseguì fino alla fine del 1915 circa. Questo periodo fu segnato soprattutto dall’applicazione dell’elettricità su vasta scala, con le ovvie ricadute sulle macchine elettriche e quindi sulla locomozione e costruzione di nuove macchine e nuovi prodotti; successivamente fu inventato il motore a combustione interna, a seguire l’automobile. Il tutto aprì nuovi orizzonti in tutti i campi il “gigantismo industriale” con fabbriche di migliaia di operai si andava affermando sempre di più. Cominciarono a muovere i primi passi sia il capitale finanziario che la cosiddetta globalizzazione. Stati Uniti e Germania sorpassarono la Gran Bretagna, il commercio mondiale faceva affari come non mai prima. Il “fordismo” (la messa in pratica del taylorismo), ovvero la parcellizzazione del lavoro, la catena di montaggio (come si vede, anche nella scelta dei momi -catena- la borghesia mette subito le cose in chiaro), che ridussero l’uomo simile ad una scimmia, (con tutto il rispetto per il povero animale), che ripeteva all’infinito la stessa identica operazione per tutto il turno di lavoro, ( un chiaro esempio in proposito lo fornisce il capolavoro di C. Chaplin: Tempi moderni), svuotandolo di ogni energia psico-fisica. Ma ancora oggi nelle linee di montaggio, seppure con l’ausilio dei robot, dell’informatica e di una nuova organizzazione del lavoro - si pensi al just in time, di origine giapponese, che elimina quasi del tutto le giacenze di magazzino - il fordismo è ancora vivo e vegeto.
La terza rivoluzione-industriale viene individuata, in estrema sintesi, con il passaggio dalla tecnologia meccanica ed analogica a quella elettronica digitale, ovvero informatica, Essa comincia a muovere i primi passi nella seconda metà del XX secolo. Prima di addentrarci nella foresta oscura delle ulteriori rivoluzioni, quarta, quinta etc., è interessante segnalare gli insegnamenti della Grande Enciclopedia Treccani , in riferimento alla rivoluzione industriale: “La Rivoluzione industriale è stata l’espressione stessa di quella rivoluzione liberale (sic!) che sostituiva al re per volontà di Dio una nazione e uno Stato. In questa nazione i singoli si sono affermati sempre meno per i diritti di sangue acquisiti dagli avi, e sempre più per la capacità di accumulare una ricchezza sufficiente per essere cooptati nel sistema di comando della società in cui vivevano”. I cervelloni producono la merda ideologica atta a tenere soggiogate le masse lavoratrici e così facendo confermano vieppiù la validità dell’obsoleto ed antiquato marxismo: “Le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti; cioè la classe che è la potenza materiale dominante della società è in pari tempo la sua potenza spirituale dominante.”
Ci lasciamo alle spalle il mondo di ieri ripetendo, ancora una volta, che è sempre la madre di tutte le rivoluzioni. Lo facciamo con una premessa che poteva tranquillamente aprire il nostro scritto. Ricominciamo da Marx ed Engels: “La borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti di produzione, quindi i rapporti di produzione, quindi tutto l’insieme dei rapporti sociali. Prima condizione di esistenza di tutte le classi industriali precedenti era invece l’immutato conservazione del vecchio sistema di produzione. Il continuo rivoluzionamento della produzione, lo scuotimento ininterrotto di tutte le condizioni socia_li, l’incertezza e il movimento eterni contraddistinguono l’epoca dei borghesi da tutte le altre.”
La nuova via
L’epoca che stiamo attraversando ci pone di fronte a cambiamenti epocali. Tutta la meglio intellighenzia del globo terracqueo è prona ai piedi del capitale con la speranza di tirarlo fuori dagli “impicci” e dargli nuova linfa. La “produzione di idee” segue passo passo la produzione materiale nei suoi continui cambiamenti e sconvolgimenti. Da destra a sinistra è tutto un pullulare di dibattiti sulla bontà della società eterna “la più migliore” in assoluto, nonostante tutti i suoi difetti.
Un autore che fece scalpore con l’uscita del suo libro nel 1995, intitolato “La fine del lavoro”, fu l’economista e sociologo statunitense (e ti pareva) Jeremy Rifkin. Egli prevede come, con il ricorso sempre più spinto dei computer, della robotica, dell’automazione aumentava ed aumenta tendenzialmente la disoccupazione. Dimostra, con dati alla mano, che nonostante un forte incremento della produttività del lavoro, la disoccupazione continua a crescere: “Nonostante una crescita dell’economia pari al 2,8% nel 2002 e una rapida crescita del 4,7% della produttività del lavoro – l’aumento più vistoso dal 1950 –, più di un milione di lavoratori è fuoriuscito dal mercato occupazionale nell’ultimo anno.”
Rifkin (attivista del movimento pacifista fin dagli anni della guerra del Vietman) propone le sue ricette mirabolanti, che si concludono già nel sottotitolo del suo libro: “Il declino della forza-lavoro globale e l’avvento dell’era post-mercato”. Ossia per evitare la distopia di un mondo barbaro e criminale come conseguenza della schiera di centinaia di milioni di disoccupati, sottoproletari e criminali a seguito della più spinta automazione mai avutasi nella storia dell’uomo, propone l’utopia del... volontariato, del terzo settore come lo chiama lui. Per corroborare la sua tesi ricorre ad Alexis de Tocqueville e alle sue associazioni morali: « Nei Paesi democratici, il sapere come aggregarsi è la madre di tutte le altre conoscenze e dal suo progresso dipende quello di tutte le altre». A saperlo che bastavano, storicamente, le associazioni di volontariato per edificare il moderno falansterio di C. Fourier (sempre per non allontanarci troppo da Toqueville), avremmo potuto rivolgere le nostre energie alla costruzione della comunità perfetta, senza padroni né capitalisti. Ma forse oggi i tempi sono maturi per implorare i Musk, i Bezos, Goldman Sachs: lassatece passà, semo volontari.
Non sembri il signor Rifkin un fuori di testa, perché economisti più o meno radicali, anche quelli cosiddetti “marxisti”, o altri signori, riviste o giornali che si spacciano per comunisti, dicono in ultima analisi e in sostanza le stesse scemenze, e forse con maggiore disonestà rispetto a lui.
Oggi iI dibattito verte in maniera preponderante sulla Artificial Intelligence (AI), Intelligenza Artificiale, e soprattutto sui suoi effetti che in molti, se non si interviene per tempo, definiscono disastrosi (forse).
Prima di muoverci tra sigle e acronimi (ChatGPT, LLM, BigG, Bard), sarebbe utile ricordare che di pari passo con la guerra guerreggiata, che in questo momento vede in Ucraina il punto più caldo, giova ricordare che una guerra, non meno cruenta, si gioca nei mercati globali a colpi di chip e semiconduttori di cui Taiwan è leader mondiale incotrastato. Alla fine dello scorso anno Biden aveva varato forti restrizioni alle aziende USA, proibendo loro di “esportare in Cina strumenti critici per la produzione di chip”, inoltre “sarà impedito alle aziende di qualsiasi nazionalità di fornire a entità cinesi hardware o software con componentistica americana”. Provvedimenti, questi, che cercano in tutti i modi, di mettere in difficoltà nel settore dell’alta tecnologia e dell’IA il suo maggiore rivale/nemico; il quale proprio poco dopo, ha risposto con altrettanta durezza. La Micron Technology (multinazionale Usa che opera in diverse tipologie di semiconduttori), è “stata bandita dal governo di Xi, decretando il blocco di scambi commerciali.”
Il presente e il futuro
Ed ora vediamo più da vicino cosa riserva il presente ed il futuro alla classe operaia. All’orizzonte purtroppo si vedono solo onde simili a uno tsunami. Ma disveliamo i misteri delle nuove tecnologie. Ovviamente non ci interessa l’aspetto prevalentemente tecnico, se non uno sguardo per sommi capi, quello è un campo di competenza di informatici a tutti ilivelli. Ciò che a noi preme in particolare sono le ricadute, sotto tutti i punti di vista sul proletariato in generale.
ChatGPT
Più precisamente ChatGPT _(OpenAI)_ Chatbot Bing GPT-4. Spieghiamo prima di tutto cos’è un bot: Un bot è un programma per computer progettato per imitare o sostituire le azioni di un essere umano eseguendo attività automatizzate e ripetitive. E fin qui siamo ancora nel “vecchio”, perché a chi armeggia col PC sarà capitato decine di volte di dover rispondere a dei moduli che in fondo contengono un riquadro da spuntare “non sono un robot”, dopo però aver digitato correttamenete dei caratteri alfanumerici volutamente distorti (conosciuta anche come CAPTCHA). Il chatbot invece è già un salto in avanti molto più sofisticato: “Fondamentalmente, esso è un software che simula ed elabora le conversazioni umane (scritte o parlate), consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali come se stessero comunicando con una persona reale”. ChatGPTè in ordine di tempo l’ultima rivoluzione nel campo dell’Intelligenza Artificiale. “In particolare, si tratta di un *large language model” (Modello linguistico di grandi dimensioni)* (LLM) progettato per produrre testi simili a quelli umani e conversare con le persone, da cui il termine “Chat” in ChatGPT”. GPT sta per Generative Pre-trained Transformer (Trasformatore Pre-addestrato Generativo). “Questi modelli pre addestrati sono poi lasciati liberi di apprendere da soli generando quantità enormi di informazioni e conoscenza in maniera accettabile per gli esseri umani (chat)... *L’intelligenza artificiale elabora la richiesta e risponde in base alle informazioni disponibili. È in grado di svolgere molti compiti, dalla conversazione alla stesura di un intero elaborato d’esame, dalla creazione del logo di un marchio alla composizione di musica e altro ancora. Molto di più di un semplice motore di ricerca tipo Google o Wikipedia, o almeno così si sostiene” [1] Il numero dopo il trattino (GPT-4) indica semplicemente la versione. Siamo ad un passo dalla versione 5 che è quella che potrebbe superare il test di Turing (Alan Turing era un matematico inglese considerato uno dei padri dell’informatica), e quindi raggiungere una Intelligenza Generale Artificiale -Artificial General Intelligence-* (AGI), che determina se un computer può comunicare in maniera indistinguibile da un *essere umano.*
Il settore dell’AI ha determinato ma soprattutto determinerà una concorrenza senza esclusione di colpi tra le 5 maggiori Big tech: Google, Amazon, Apple, Microsoft e Meta, il cui fatturato si aggira intorno ai 1.470 miliardi di dollari; per dare un’idea di cosa vuol dire questo, basti pensare che il PIL della Spagna (il quarto dell’UE), si aggira intorno ai 1.400 miliardi di euro. Nonostante i pericoli paventati sull’AI: “annientare l’umanità”, Elon Musk (il fondatore di Tesla) è già al lavoro per creare la sua creatura in concorrenza con ChatGPT, si chiamerà TruthGpt. Intanto, per combattere lo strapotere di Google, il Chatbot Bing GPT-4 il motore di ricerca di Microsoft dai primi di maggio di quest’anno è disponibile per tutti. Ma anche Google ha lanciato sempre a maggio il suo BARD, anch’esso basato su LLM ( *Modello linguistico di grandi dimensioni)* E mentre le Big Tech con i loro capi in persona e le squadre di benpensanti filosofi e intellettuali, devotamente religiosi del santo capitale, piangono sugli effetti catastrofici dell’AI, si buttano tutti nel nuovo filone dell’oro perché il guadagno è guadagno e tutto il resto può andare a farsi fottere: muoia Sansone e tutto il genere umano.
Gli effetti sull’occupazione delle tecnologie attuali di robotica, automazione, organizzazione del lavoro - vedasi anche lo smart working (lavoro intelligente (?) che viene effettuato a casa) -, stanno già dimostrando il loro impatto: “Secondo il sito *Layoffs.fyi, che registra i tagli di posti di lavoro in tutto il settore, nel 2022 sono stati licenziati circa 152mila dipendenti da oltre 1.000 aziende. Un altro rapporto della società Challenger, Gray e Christmas, che segue il mercato del lavoro da quasi 30 anni, afferma che il picco maggiore di licenziamenti nel settore tecnologico si è registrato a novembre, con quasi 53mila tagli. La cifra è il totale mensile più alto per il settore dal 2000, anno in cui l’azienda ha iniziato a tenere traccia dettagliata dell’industria tecnologica. È anche il più alto numero di licenziamenti su base annua per il settore dal 2002.” [2] Amazon, Twitter, Meta, nel secondo semestre del 2022 hanno effettuato decine di migliaia di licenziamenti. Stiamo parlando del solo settore tecnologico e le previsioni per il 2023 non sono diverse.
“Il livello di utilizzo della robotica è quasi sempre raddoppiato nelle principali economie capitaliste nell’ultimo decennio. Giappone e Corea hanno il maggior numero di robot per dipendente di produzione, oltre 300 per 10.000 dipendenti, seguita dalla Germania con oltre 250 per 10.000 dipendenti. Gli Stati Uniti hanno meno della metà dei robot ogni 10.000 dipendenti rispetto al Giappone e alla Repubblica di Corea. Il tasso di adozione dei robot è aumentato in questo periodo del 40% in Brasile, del 210% in Cina, dell’11% in Germania, del 57% nella Repubblica di Corea e del 41% negli Stati Uniti.” [3] Questo è il futuro ed ecco cosa ci attende: “L’intelligenza artificiale potrebbe sostituire l’equivalente di 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. È questo uno dei punti salienti del _report di Goldman Sachs, che riporta come circa_ due terzi delle occupazioni siano esposte in qualche misura all’Ia. Qualcuna di più e qualcuna di meno. Sono infatti un quarto le attività lavorative negli Stati Uniti e in Europa che potrebbero essere sostituite totalmente. Secondo il rapporto, rimarrà disoccupato chi perderà il 50% o più del proprio carico di lavoro giornaliero a causa di un bot.” [4]
Il futuro? Sarà più o meno lontano? Difficile dirlo. Da marxisti non siamo abituati a ragionare con la sfera di cristallo, quella la lasciamo ai maghi, ai preti e agli imbroglioni. Possiamo solo dire che la “teoria della compensazione” tendenzialmente “compenserà” sempre meno, ovvero i lavoratori che saranno “lasciati liberi” in un settore troveranno con sempre maggiore fatica lavori in altri settori o branchie produttive. Ma da questa teoria marxiana si arriva alla sua legge più importante: La caduta tendenziale del saggio di profitto, proprio come conseguenza di una diversa composizione organica del capitale complessivo. Roberts ed altri “marxisti” pur sforzandosi di capire (?), continuano ad utilizzare categorie capitaliste perfino nel linguaggio: “I robot e l’intelligenza artificiale intensificheranno la contraddizione sotto il capitalismo tra la spinta dei capitalisti ad aumentare la produttività del lavoro attraverso la ’meccanizzazione’ (robot) e la conseguente _tendenza al calo della redditività_ di questo investimento per i proprietari di capitale. Questa è la legge più importante di Marx nell’economia politica – e diventa ancora più rilevante nel mondo dei robot”. (Ibidem) A parte il fatto che la sua spiegazione è alquanto fumosa, che un “marxista” trasformi la caduta tendenziale del saggio di profitto, in tendenza al calo della redditività, è tutto dire, e si badi che nel suo articolo e nei suoi post, non parla mai di profitto ma sempre di redditività. Ma continua nella sua narrazione citando un altro simpatizzante “marxista” John Lanchester : “Mi sembra che l’unico modo in cui il mondo funzionerebbe è con forme alternative di proprietà. La ragione, l’unica ragione, per pensare che questo mondo migliore sia possibile è che il futuro distopico del capitalismo-più-robot potrebbe rivelarsi troppo cupo per essere politicamente fattibile. Questo futuro alternativo sarebbe il tipo di mondo sognato da William Morris, pieno di esseri umani impegnati in un lavoro significativo e sanamente remunerato." Cosa poi voglia dire con forme alternative di proprietà sarebbe interessante saperlo. Ma quelle esistono già e si chiamano proprietà privata: ossia la forma e la base su cui si regge l’edificio sociale odierno: lo stato capitalista. Poi si arriva ai bassifondi della meglio borghesia illuminata con “un lavoro significativo e sanamente remunerato”. Che vol dì che verremo pagati con soldi disinfettati e sanificati? quindi il denaro una delle categorie fondamentali del sistema capitalista continuerà a circolare in un mondo celestiale? E qui potrebbe arrivare in soccorso Mark Zuckerberg col suo “Metaverso” e immergerci in un mondo virtuale, dove al posto della cocaina, ci saranno gli occhialoni a tenerci sempre sospesi nel vuoto, a librare eterei nel mondo celeste degli angeli. Tratteniamo a stento un v... Anche perché appena togliamo gli occhialoni ci ritroviamo nella solita porcilaia borghese._
Ma ritorniamo al marxista verace, Roberts: “In effetti, il più grande ostacolo a un mondo dickerberg sovrabbondanza è il capitale stesso. Ben prima che arriviamo alla ’singolarità’ (se mai lo faremo) e il lavoro umano venga totalmente sostituito, il capitalismo sperimenterà una serie sempre più profonda di crisi economiche_ provocate dall’uomo.” Ma come, prima se la prende col capitalismo, “il più grande ostacolo”, e poi? È colpa dell’uomo che provoca le crisi: il metalmeccanico a 1.000 euro al mese, il disoccupato a zero euro, la domestica, lo spazzino, Musk, Soros tutti insieme appassionatamente. Ullallà! Ma non è finita perché alla fine, servita su un piatto d’oro arriva la soluzione del rebus che tanto ci ha fatto penare, eccola: “Una società sovrabbondante in cui la fatica umana è ridotta al minimo e la povertà è eliminata non avverrà a meno che la proprietà dei mezzi di produzione non passi dal controllo privato (oligarchia capitalista) alla proprietà comune (socialismo democratico). Questa è la scelta tra utopia e distopia." (Ibidem). Ma che ci voleva, domani mattina, fra un anno, non c’è fretta andiamo dai borghesi capitalisti e gli diciamo, col cappello in mano, come si conviene alle persone educate, scusate signori vi fate da parte?, perché abbiamo deciso di instaurare il socialismo democratico, sempre se siete d’accordo.
La realtà è ben altra, lasciamo al loro destino, ai loro pascoli questi marxisti del Santo Natal. Nemici del proletariato al pari dei “veri” nemici.
I primi con tante buone compagnie di finti “comunisti”, sono dalla parte opposta della barricata, sempre pronti a porgere l’altra guancia, sempre disponibili a ragionare per “mettere a posto le cose”. Non c’è un esempio nella storia che vede la borghesia cedere di sua volontà il suo potere. I secondi sono criminali che non disdegnano neanche un minuto di mandare sul lastrico milioni di proletari, di ridere in faccia a chi muore di fame, di mandare al macero tonnellate di merci per non far scendere i prezzi, di spendere migliaia di miliardi in armamenti, di mandare al macello, come hanno sempre fatto, milioni di proletari. E quando diciamo criminali non lo facciamo tanto per dire qualcosa di roboante, lo facciamo perché abbiamo sempre davanti agli occhi i bambini, le donne, vecchi, uomini che crepano tutti i giorni per gli sporchi interessi di chi dovrebbe sparire dalla faccia non della terra, ma dell’universo. Perché noi non ci stiamo a fare di questo una normalità normale di tutti i giorni, come bersi un bicchiere d’acqua. Questi criminali sono la borghesia il capitalismo. I loro interessi sono inconciliabili con gli interessi della stragrande maggioranza della società. L’emancipazione dei proletari, la loro liberazione dalla schiavitù del lavoro salariato, dalla schiavitù in generale passa attraverso la distruzione violenta dell’organizzazione sociale capitalista e del suo stato, Nessuna conciliazione è possibile. Ma per raggiungere questo obiettivo il proletariato deve organizzarsi come “un sol uomo”, e per far ciò deve costruire con abnegazione e sacrificio il suo strumento principale, il Partito internazionale che lo guidi verso l’unico sogno che vale la pena di sognare: una società senza classi e senza padroni, la futura società comunista.