Rivoluzione o Guerra n°26

(Gennaio 2024)

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La nostra politica verso el campo proletario e la Tendenza Comunista Internazionalista

L’intervento [del GISC] mira a partecipare alla lotta per il raggruppamento delle forze comuniste in vista della costruzione del partito mondiale del proletariato. Questa lotta per il partito comunista oggi richiede allo stesso tempo spingere al raggruppamento e alla polarizzazione intorno alla Tendenza Comunista Internazionalista, e lottare contro le manifestazioni di opportunismo e settarismo all’interno del campo proletario; in particolare contro le tendenze "antipartitiche" e a-politiche. »
(Resoluzione sulla costituzione del Grupo Internazionale de la Sinistra Comunista-, 2013, RG #1, no tradotto en italiano)

Da quando il nostro gruppo è stato costituito nel 2013, molti si sono chiesti quale sia la nostra politica nei confronti della Tendenza Comunista Internazionalista (TCI). Perché chiediamo al raggruppamento intorno ad essa senza aderirvi? Spesso, dietro la domanda, si nascondono anche interrogativi sul nostro approccio: o verrebbe inteso come de ordine democratico o come una rinuncia allo sviluppo numerico del nostro gruppo; o sarebbe semplicemente una manovra tattica sotterranea per entrare nelle grazie della TCI. Un altro potenziale fattore di confusione e incomprensione è rappresentato dai recenti attacchi del CCI al TCI e a noi stessi. Tra questi, si è presa la libertà di pubblicare brevi e-mail che avveva scambiato con la TCI nel 2019-2020 riguardo al gruppo spagnolo Nuevo Curso. Queste e-mail sono state pubblicate senza il consenso della TCI, il che la dice lunga sulle pratiche e gli obiettivi dell’attuale CCI. Tanto più che il corrispondente della TCI dichiarava che “questa è la mia opinione personale, ma la difenderò nelle nostre discussioni”. [1] Nella misura in cui sono ormai pubbliche, possiamo ricordare quelle che ci interessano qui per i nostri lettori che non hanno molta familiarità con le vicende del campo proletario: “Il GISC ha smesso da tempo di ‘adulare’ la TCI. L’ha sostituita con un ricatto, secondo il quale la TCI deve ‘assumersi le proprie responsabilità’.” [2]

Prima di ripercorrere il nostro orientamento politico, vale la pena di rassicurare tutti coloro che potrebbero essere preoccupati di un possibile deterioramento delle nostre rapporti di fiducia con la TCI con questa pubblicazione – non era questo l’obiettivo della CCI? Innanzitutto, è bene precisare che eravamo a conoscenza di queste e-mail, inviate anche a noi all’epoca. All’epoca abbiamo scritto una lettera alla TCI e siamo riusciti a chiarire insieme la necessità di distinguere tra differenze politiche e considerazioni soggettive sulle presunte intenzioni di ognuno. Abbiamo risposto pubblicamente, ma indirettamente, su Révolution ou guerre #16 del settembre 2020 in un articolo intitolato Contro il gossip sui social network e a favore del dibattito politico pubblico [3] :

« Queste pratiche e l’uso di criteri psicologici e personalizzati nelle relazioni politiche tra gruppi comunisti offrono un terreno privilegiato a forze opportuniste e liquidazioniste come la CCI della Decomposizione e del Parassitismo. Non deve sorprendere che quest’ultima si precipiti sulla breccia aperta da considerazioni psicologiche e non politiche, il terreno stesso della sua teoria del parassitismo: lo ha annunciato al suo ultimo congresso internazionale e noi abbiamo messo in guardia l’intero campo (cfr. RG #12). A suo merito, gli liquidatore della CCI sono coerenti. Persegueno con fermezza il suo obiettivo di distruggere il campo proletario. (...)

Che ci legga con attenzione e ci giudichi in base a ciò che scriviamo. No, non riproduciamo i testi del Nuevo Curso [4] o della TCI, o di altri, come tattica opportunista, per ammorbidirli, lusingarli o conquistare la loro simpatia. No, non continuiamo a sostenere che la TCI è ancora l’unica forza materiale in grado di esercitare il ruolo storico e internazionale di polo di raggruppamento, per ricattarlo (incredibile, vero?).

, continueremo a dibattere e a cercare di confrontar con le diverse posizioni, come stiamo cercando di fare al nostro interno. Con o senza le altre forze comuniste. Per noi è una necessità. Ma è altrettanto necessario per le altre forze comuniste, a prescindere da ciò che pensano e anche se disturba la routine quotidiana e il comfort delle certezze assolute. Il dibattito e il confronto politico sono la circolazione sanguigna degli organismi politici comunisti. Altrimenti si rischia la trombosi. In definitiva, è una questione di vita o di morte. »

Chiarito questo punto, che dovrebbe rassicurare i lettori, i sostenitori e gli militanti, e certamente i nostri amici della CCI stessa, sullo stato delle nostre relazioni con la TCI, torniamo alla nostra politica di raggruppamento.

Come si sono formati i partiti proletari del passato

La storia del movimento operaio ci insegna che i partiti politici del proletariato non si formano a partire da un’unica corrente o organizzazione che cresce gradualmente fino a diventare il partito. Ci insegna che si formano da un raggruppamento di diverse correnti e gruppi attorno a un polo particolare che svolge il ruolo di fattore attivo, centrale e determinante in questo processo politico e di lotta. Non si tratta di un processo che pretende di essere “democratico”, “federatore” o “egualitario” tra le correnti politiche. Si tratta di un processo e di una lotta che esprimono allo stesso tempo l’eterogeneità della coscienza di classe all’interno del proletariato stesso, di cui sono espressione le varie correnti, circoli, gruppi, organizzazioni e partiti politici proletari; e la dinamica di omogeneizzazione di questa coscienza man mano che il proletariato si unisce nella lotta contro il capitale, di cui le correnti, i gruppi e i partiti politici comunisti sono i principali fattori e vettori. La Prima Internazionale si è formata attorno al polo rappresentato da Marx ed Engels; la seconda attorno alla socialdemocrazia tedesca; la terza attorno al partito bolscevico.

Lo stesso vale per i partiti nazionali. Se prendiamo l’esempio della formazione dei partiti comunisti, il Partito Comunista Russo fu fondato ufficialmente nel 1918 attorno alla fazione bolscevica e integrò altre correnti, in particolare quella di Trostky. Il partito tedesco si formò intorno alla Lega Spartaco di Rosa Luxemburg e Karl Liebneckt e comprendeva altre correnti come la Sinistra di Brema e altre. Il partito italiano si formò intorno alla Frazione Comunista Astensionista incentrata su Bordiga e comprendeva varie correnti come gli Ordinivisti di Gramsci. Questo fenomeno si ripete praticamente in tutti i processi che portano alla formazione di partiti comunisti appartenenti all’Internazionale tra il 1919 e il 1921. Come possiamo vedere nel caso tedesco, ma anche in quello francese e in altri casi, non sempre è la corrente più a sinistra, la più chiara, a costituire l’asse attorno al quale si forma il partito. Senza farne un modello assoluto, è molto probabile che la costituzione del partito mondiale del proletariato di domani segua lo stesso percorso. Non c’è nulla nella situazione attuale delle forze rivoluzionarie che indichi che potrebbe essere altrimenti, contrariamente alla posizione classica del “bordiguismo”, che crede di essere già il partito di domani e rifiuta di prevedere la partecipazione di altre correnti alla sua formazione.

Il campo proletario dopo il 1968

Negli anni Settanta, il Partito Comunista Internazionale “bordiguista” e la Corrente Comunista Internazionale rappresentarono i due poli principali de raggruppamento internazionale. Ciò è dovuto tanto alle loro posizioni programmatiche e politiche quanto alla loro crescente presenza internazionale, al loro dinamismo militante e alla loro rivendicazione delle frazioni della Sinistra comunista emerse dall’Internazionale Comunista. Il fatto che queste due organizzazioni siano cresciute in numero di militanti e sezioni territoriali in diversi continenti era una manifestazione dell’attrazione politica e storica che queste due correnti esercitavano sulle forze rivoluzionarie emergenti. La regolarità e la serietà della rivista Programma Comunista del PCI servì da riferimento e da strumento di formazione per molti militanti, anche di altre correnti. Lo stesso valeva, forse in misura minore, per la Rivista internazionale della CCI. Il Partito Comunista Internazionalista, che pubblicava Battaglia comunista e Prometeo, era allora praticamente sconosciuto fuori dall’Italia. Solo con le conferenze della Sinistra Comunista alla fine degli anni Settanta, e poi con il raggrupamento con la Communist Workers Organization (CWO) per formare il Bureau Internazionale per il Partito Rivoluzionario (BIPR) nel 1983, la corrente “damenista”, dal nome dal suo membro più noto Onorato Damen, divenne un vero e proprio raggruppamento internazionale.

L’esplosione del PCI “bordiguista” durante la sua crisi interna del 1982 in molteplici piccoli gruppi, ognuno dei quali pretende di essere il partito, e l’inadeguatezza delle sue posizioni programmatiche – sostegno alle lotte di liberazione nazionale, riconquista dei sindacati e, soprattutto, il partito come sostituto della classe (per dirlo in modo semplice) – per il periodo, fanno sì che questa corrente sia ancora oggi incapace, probabilmente per sempre, di svolgere un qualsiasi ruolo di punto di riferimento e di raggruppamento internazionale. [5] Fino alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, la CCI era ancora il principale polo del campo proletario, con decine di militanti che vi aderivano e la creazione di nuove sezioni in Messico e in Svizzera. Tuttavia, con l’adozione della teoria della decomposizione e del parassitismo e con le sue crisi interne del 1995 e del 2001, l’organizzazione se ha imboccata en una dinamica inversa settaria, in nome della lotta contro il parassitismo, a distruggere le altre componenti del campo proletario, in particolare quelle viste come “rivali”. Si è arrivati al punto di adottare una risoluzione al suo XVI Congresso del 2005 che chiedeva la distruzione del BIPR! [6]

Situazione del campo proletario nel 2013

Quando è stato costituito il GISC, abbiamo dovuto constatare che solo il BIPR, poi diventato la TCI, era ancora in grado di esercitare efficacemente questo ruolo di riferimento e di raggruppamento internazionale. Cosa ci permette di definire che una corrente o un’organizzazione possa e debba assumere la responsabilità di essere un polo? I criteri non possono essere ridotti unicamente all’estensione e all’influenza internazionale, e nemmeno al numero di membri. Certo, la capacità militante internazionale è senza dubbio un fattore – non sempre legato al numero di membri, ma questa è un’altra questione. Il numero di membri è soprattutto il risultato di altri fattori che permettono questo sviluppo militante e numerico; in particolare la chiarezza e la coerenza delle posizioni programmatiche e politiche e degli orientamenti generali; e il legame con le organizzazioni dal passato che favorisce la chiarezza e la coerenza politica e stabilisce l’“autorità politica” del gruppo o dell’organizzazione.

Il risultato per noi nel 2013 era che “solo la TCI poteva (...) costituire questo polo di riferimento storico, politico e organizzativo attorno al quale il resto del campo, del partito in divenire, può e deve unirsi (...) Questo posto gli è concesso dalla storia, sia per il legame organico diretto – oggi certo tenue – con il Partito Comunista d’Italia fin dalla sua fondazione, sia per lo stato delle altre correnti della sinistra comunista. Da parte nostra, non abbiamo né questo legame organico, né il corpus programmatico, né quindi la legittimità e l’autorità politica, tanto meno l’organizzazione materiale – di cui il numero di militanti è solo un aspetto – per poter rivendicare un tale ruolo. Rivendicarlo oggi sarebbe un errore politico che non farebbe altro che dividere ulteriormente questo campo, handicappare lo suo raggrupamento e la sua unità e disorientare le nuove generazioni e i nuovi gruppi.” [7]

È sulla base di questo approccio e di questa comprensione del campo proletario e del processo politico che porta alla formazione del partito che, dal 2013 in poi, abbiamo sviluppato il nostro orientamento verso il campo proletario. Il fatto che la TCI non avesse la nostra stessa concezione del processo e della lotta per la raggrupamento e la formazione del partito, e che rifiutasse la nostra concezione del suo ruolo particolare come polo di riaggregazione, ha fatto che non assumesse sempre, come desideravamo, il compito che la storia gli assegna. Per questo motivo, in diverse occasioni, abbiamo evidenziato, e persino criticato, quelle che ci sembravano carenze, o addirittura errori, da parte sua. Non possiamo tornare sulla validità o meno delle nostre critiche di allora. Nella misura in cui erano valide, in questi momenti non sminuivano il posto storico che questa organizzazione occupava, qualunque fosse la comprensione dei suoi membri all’epoca. [8]

La guerra in Ucraina e la... polarizzazione del campo proletario

La guerra in Ucraina, primo passo significativo del capitale verso la guerra imperialista generalizzata, non solo ha provocato e accelerato le dinamiche di polarizzazione imperialista, ma anche... le dinamiche di polarizzazione in atto all’interno del campo proletario tra le forze pro-partito, che riconoscono tutte la realtà e l’attualità dell’alternativa storica tra rivoluzione proletaria internazionale o guerra imperialista generalizzata, e le forze antipartito che tendono a ignorarla, o addirittura a rifiutare qualsiasi spinta verso la guerra e qualsiasi dinamica di bipolarizzazione imperialista. La CCI ne è l’espressione più caricaturale. In questo momento cruciale, la TCI fu in grado di essere all’altezza del suo compito come polo da raggrupamento riconoscendo chiaramente che la spinta verso la guerra generalizzata stava diventando un fattore centrale della situazione e concentrando i suoi orientamenti su questo tema; ad esempio, chiedendo la formazione di comitati NWBCW [No alla guerra, sì alla guerra di classe] a livello internazionale.

È ancora troppo presto per fare una valutazione dell’appello della TCI a questi comitati, soprattutto perqué se registra a lungo termine. Resta il fatto che l’autorità politica e l’esistenza organizzativa internazionale della TCI spiegano in larga misura il eco internazionale al suo appello. Non avrebbe potuto avere la stessa portata o lo stesso successo se un gruppo come il nostro, o altri, lo avessero fatto da soli. Ciò ha rafforzato la nostra convinzione politica del posto centrale che la TCI occupa oggi nel campo proletario.

La nostra concezione di raggruppamento e la divergenza con la TCI

Ma che cosa intendiamo per raggruppamento? Per noi, già nel 2013 e ancora oggi, “parlare di un processo di raggrupamento attorno al centro storico e internazionale rappresentato dalla TCI non significa che questo processo debba ridursi alla pura e semplice adesione alla TCI. Se è così, tanto meglio! Ma questo non è sempre possibile, o addirittura auspicabile di per sé, soprattutto quando una serie di differenze politiche rimangono non chiarite, o quantomeno non identificate. Dal punto di vista comunista, un processo di raggrupamento ha varie dimensioni di cui l’adesione e la riaggregazione organizzativa sono solo un’espressione tra le altre; e molto spesso sono solo la conclusione, l’ultima tappa, il risultato, delle altre dimensioni. Tra queste, c’è quella fondamentale, soprattutto oggi, di condurre dibattiti al piano internazionale sulle posizioni di questo polo e di cercare di rafforzarlo sostenendolo il più possibile, sia nel suo rafforzamento politico e organizzativo sia nel suo intervento internazionale nella classe operaia e nell’ambiente o campo rivoluzionario.” [9]

Vale la pena di menzionare qui le due principali differenze che abbiamo con la TCI, che possono sembrare incompatibili con, o almeno rendere difficile, la nostra adesione formale oggi [10] : i nostri metodi di analisi della lotta di classe e il conseguente intervento dei rivoluzionari, anche se tendono a convergere come risultato della situazione storica [11]; e la concezione del processo di formazione dei gruppi comunisti, in ultima analisi del partito.

Per la TCI, “il farsi della nuova Internazionale, cioè del partito come oggi va inteso, coincide con lo sviluppo di forze politiche reali che emergono, si coordinano e maturano all’interno della lotta teorica e politica nei rispettivi paesi.” [12] Di conseguenza, ritiene che “Il BIPR [la TCI] non intende accelerare i tempi della aggregazione internazionale delle forze rivoluzionarie oltre i tempi ‘naturali’ della crescita politica delle avanguardie comuniste nei diversi paesi.” [13] Così facendo, la realtà del modo in cui la TCI opera e interviene a livello nazionale e locale lascia una certa “libertà” o “autonomia” ai gruppi territoriali “affiliati”, rispettando così i ritmi naturali della crescita politica nei diversi Paesi, per usare la sua formula. Il rischio è che ogni gruppo affiliato faccia ciò che vuole nel proprio angolo senza che il resto dell’organizzazione lo sappia e lo controlli: “Tutta questa vicenda e la nostra discussione con vari compagni in Canada hanno rivelato che il GIO, per la maggior parte della sua storia (si è affiliato alla nostra tendenza nel 2001), non è mai stata un’organizzazione coordinata, ma un gruppo di individui ciascuno con la propria interpretazione della nostra piattaforma.” [14] (sottolineamo)

Da parte nostra, riteniamo che la prossima Internazionale, il partito mondiale del proletariato, dovrà costituirsi immediatamente come partito internazionale centralizzato, senza alcuna fase particolare di sviluppo nazionale o locale – questo può e deve essere realizzato solo sulla base della dimensione internazionale e centralizzata. Di conseguenza, il GISC funziona e interviene già come gruppo internazionale centralizzato, anche in situazioni nazionali o locali. In questo modo, tutte le parti del GISC – per quanto la sua realtà sia oggi modesta – si considerano espressioni del proletariato internazionale e non di esperienze locali o nazionali. Il loro ritmo naturale deve essere – e questa è una lotta politica contro il localismo e l’immediatismo – determinato dal programma e dall’organizzazione internazionale, essa stessa espressione storica del proletariato internazionale. Funzionano e intervengono come delegazione dell’insieme e sotto la sua direzione organizzativa e politica. E i suoi militanti devono considerarsi innanzitutto militanti con responsabilità internazionali. Non appartengono a un gruppo locale o nazionale, ma al GISC nel suo complesso. Questa centralizzazione effettiva ci obbliga a adottare già un vero e proprio metodo di partito nelle nostre interversioni e nelle nostre funzionamenti interne.

Tuttavia, le argomentazioni e la visione della TCI devono essere prese in considerazione. Non li rifiutiamo con un manrovescio. Se da un lato la sua concezione può aprire la porta a posizioni confuse, o addirittura a concessioni al estremo-sinistrismo in alcune occasioni, dall’altro può permettere di rispettare e far maturare i processi di chiarificazione politica. A condizione, però, de assumere le divergenze e differenze organizzando il loro confronto interno e pubblico. Per quanto riguarda la nostra visione centralizzatrice “fin dall’inizio”, se mal compresa o “applicata in modo dogmatico”, può portare a voler imporre l’unità politica per decreto, o addirittura per disciplina, senza permettere che si pongano le cuestione e le posizioni maturare nel diverse parti dell’organizzazione. Questo può portare alla “creazione” di un’unità politica superficiale o artificiale, che si disfarà, o addirittura esploderà, al minimo soffio di vento.

Per coloro che se stanno interrogando, le condizioni per un raggruppamento oggi significherebbero che la TCI potrebbe accettare militanti che intervengono su tutte le questioni internazionali e nazionali e discutono – eventualmente criticano – questo o quell’intervento locale o nazionale. In particolare... l’analisi delle situazioni e gli interventi nelle lotte operaie. Per il momento, intendiamo considerarci un’organizzazione sorella – una sorta di frazione o tendenza, visto che condividiamo lo stesso corpus programmatico e gli stessi frontierie di classe – della TCI che, pur sostenendo le posizioni comuni e sviluppando le proprie, non esita a discutere le differenze politiche, cercando di renderle il più possibile positive per la TCI, per noi e per tutto il campo.

Il nostro approccio pratico e la divergenza

Di fronte alle incomprensioni e ai disaccordi che la TCI esprimeva sulla nostra politica da un lato e, dall’altro, di fronte alle relazioni deleterie e ostili che il gruppo affiliato alla TCI in Canada all’epoca stava sviluppando nei confronti del nostro gruppo appena costituito [15], già nel 2014 gli avevamo chiarito in una lettera le nostre indirizzi nei suoi confronti:

"Nella misura in cui riteniamo che la TCI rimanga “l’unico polo di raggruppamento internazionale”, nella misura in cui se il GISC intende raggrupparsi intorno a sé, continua a pensare che sarebbe controproducente (anti-gruppo, per usare la vostra espressione) in questo momento aspirare a essere un altro polo internazionale, faremo tutto ciò che sembra necessario sia per ranudare intorno alla TCI, come polo, o asse se preferite, sia per cercare di convincerla ad assumersi questo compito suo malgrado, per così dire. Conseguenze:

- continueremo a sostenere la TCI quando svilupperà posizioni e interventi giusti (ad esempio ristampando i suoi articoli o volantini sul nostro sito web, o anche in diffusioni, o sostenendolo e aiutandolo quando vorrà sviluppare un intervento come incontri pubblici in Francia o in Canada, o in qualsiasi altro paese in cui il GISC potrebbe sviluppare e intervenire).;

- svilupperemo un po’ più di prima (rispetto alle frazioni [16]) le nostre critiche fraterne – cioè sottolineando i nostri punti fondamentali di accordo – su questioni teoriche, politiche e anche ‘organizzative’, con le quali siamo in disaccordo, come abbiamo iniziato a fare nel numero 2 della rivista con la nostra introduzione al testo sull’anarchismo riguardante l’articolo della CWO;

- infine, criticheremo fermamente e pubblicamente, secondo i nostri orientamenti generali e le nostre priorità di intervento, le posizioni e le ‘avventure’ di tipo sinistroide [gauchiste] che la TCI (o alcune delle sue parti) possono talvolta sviluppare, in particolare il GIO...” (lettera alla TCI del 14 ottobre 2014)

I lettori abituati a leggerci, o che danno un’occhiata ai sommari dei 25 numeri della rivista, potranno constatare la coerenza di questo sforzo e della nostra politica fin dalla nostra costituzione. Si può non essere d’accordo. Si può pensare che sia stata applicata male in un’occasione o nell’altra. Ma non si può dire che sia stata aleatoria o soggetta a manovre o a capovolgimenti immediati – al contrario – anche quando i fatti e gli eventi sembravano contraddirci.

Come abbiamo sviluppato questo indirizzo?

Abbiamo costantemente riprodotto le posizioni della TCI che condividevamo, in volantini, dichiarazioni e articoli, fino a scegliere di sostenere e appoggiare una posizione o l’altra piuttosto che pubblicare “nostro” articolo o volantino quando avremmo difeso sostanzialmente la stessa posizione. E siamo riusciti a stabilire un rapporto di fiducia e di sostegno reciproco, anche concreto, soprattutto in Canada e in Francia. Per quanto riguarda il secondo orientamento, in diverse occasioni abbiamo sollevato punti da discutere e chiarire sulla base di differenze di analisi o altro. Si sono tenuti diversi dibattiti che hanno esposto le rispettive posizioni sulla questione del partito, dei “gruppi intermedi”, dell’intervento dei rivoluzionari, del periodo di transizione, del metodo di analisi della situazione e del corso della lotta di classe... [17]

Molti pensano che questi dibattiti siano inutili se non si concludono immediatamente con il sostegno a una delle due tesi. È un errore. A titolo di esempio, prendiamo il dibattito sul metodo di analisi della situazione e del corso storico, un concetto e una nozione che la TIC rifiuta e critica come idealista. Possiamo fare riferimento a Rivoluzione o Guerra #11 e 21-22. Questo dibattito si riferisce non solo al metodo di analisi, ma anche alla questione del partito, alla sua responsabilità come avanguardia politica del proletariato e quindi anche al suo intervento nelle lotte proletarie. Permettendoci di comprendere meglio la critica e le argomentazioni della TCI, ci ha permesso di precisare e persino di chiarire il nostro metodo e alcuni punti specifici sulla questione – in particolare di fare attenzione a non cadere in alcuna forma di idealismo o dogmatismo su questo tema. Inoltre, ha permesso di precisare che la guerra imperialista generalizzata non è la semplice somma di guerre imperialiste locali, che alcuni testi della TCI tendevano a non distinguere. Da allora, la questione è stata chiarita dalla guerra in Ucraina e dal passo verso la guerra generalizzata che essa esprime, al punto che le posizioni delle nostre due organizzazioni sulla situazione storica attuale, sull’alternativa storica che sta emergendo e su come sta emergendo, sono molto vicine, se non simili.

Infine, e fortunatamente, negli ultimi anni abbiamo avuto poche occasioni per criticare le posizioni che fanno concessioni alla estrema sinistra. Solo la posizione e l’intervento del gruppo nordamericano di recente formazione – il IWG-GIO – durante le manifestazioni seguite all’omicidio di G. Floyd ci ha preoccupato a tal punto da assumere una posizione critica in RG#18 (non tradotta en italiano), Quale futuro per la rivista 1919 della TCI in Nord America? Pubblicazione della Sinistra comunista o cavallo di Troia della estrema-sinistra [gauchisme] ? [18] Da allora, questa rivista non ha più presentato tali errori di estrema sinistra e noi lo abbiamo sottolineato in RG#23 nel nostro saluto a Bilan et perspectives. [19]

Come si vede, non c’è nulla di sorprendente, né nulla che non avessimo annunciato in anticipo in termini di orientamento e di applicazione in tempi e situazioni diverse. Inoltre, nulla è venuto a dimostrare l’inutilità del primo o l’inefficacia storica del secondo. E la situazione aperta dalla guerra in Ucraina, la marcia verso la guerra a cui solo il proletariato può opporsi distruggendo il capitale, non ha reso obsoleti la nostra concezione e il nostro orientamento. Al contrario. Di conseguenza, nessuno deve stupirsi o sorprendersi della nostra politica e della sua applicazione nei confronti della TCI e del campo proletario nel suo complesso – cosa che non possiamo approfondire qui. Non ci sono manovre tattiche, lusinghe, ricatti o altro nella nostra politica nei confronti della TCI e, più in generale, del campo proletario. E tanto vale avvertir di nuovo: finché la situazione storica e quella del campo rimarranno fondamentalmente determinate dal corso attuale, e finché la conformazione del campo rimarrà la stessa, non intendiamo cambiarla e continueremo a cercare di attuarla e svilupparla al meglio.

GISC, Ottobre 2023

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Notes:

[1. Questo testo non è stato tradotto in italiano. È disponibile nelle altre principali lingue della CCI. In questo scambio di e-mail tra la CCI e la TCI (https://fr.internationalism.org/content/11176/gaizka-et-tci-aventurier-doit-il-etre-denonce-publiquement e https://en.internationalism.org/content/17403/gaizka-should-adventurer-be-publicly-exposed), ogni lettore attento (e che voglia seguire tutto questo da vicino,qualcuno che agisce come storico delle incogniti della Sinistra comunista) noterà come la CCI stia di fatto esercitando una pressione costante e progressiva affinché la TCI denunci il GISC...

[2. (idem.)

[4. Per giudicare la nostra politica nei confronti del gruppo Nuevo Curso, invitiamo il lettore a fare riferimento anche alle nostre critiche alla sua posizione e a quella del Munis, di cui rivendica la paternità, sulla guerra di Spagna (non tradotto al italiano: RG #15, http://www.igcl.org/Espagne-1936-peut-il-y-avoir-une) e sulla nostra ultima posizione sulla recente evoluzione di questo gruppo, La fuite erratique dans l’activisme du groupe Emancipación (Nuevo Curso), dans RG #24 (http://www.igcl.org/La-fuite-erratique-dans-l)

[5. Il relativo sviluppo de Il partito comunista-The Communist Party [i nomi delle sue pubblicazioni] negli Stati Uniti negli ultimi anni non ci sembra abbia modificato profondamente questa constatazione e questa tendenza. Non possiamo qui entrare nel dettaglio

[6. “L’organizzazione deve essere il più possibile chiara e omogenea sull’obiettivo della nostra politica nei confronti del BIPR: l’importante è screditare il BIPR al piano politico. Se questa politica porta alla sua scomparsa fisica, tanto meglio (...) dobbiamo usare le difficoltà del forum del BIPR per screditarlo (...) se si dice che l’ambiente politico proletario ha un atteggiamento distruttivo nei confronti dei nuovi elementi, il nostro atteggiamento deve essere diverso, dobbiamo porreli fuori da gioco...”. Questo documento non è mai stato reso pubblico, e per una buona ragione! È stato consegnato alla Fraction Internationale de la Gauche Communiste (ex-FICCI), che lo ha pubblicato nel suo Bulletin communiste international #6 : http://fractioncommuniste.org/fra/bci06/bci06_3.php.

[7. Vedi Révolution ou guerre #12, 2019, La battaglia per la riconfigurazione del campo proletario è iniziata (http://www.igcl.org/Ce-numero-de-la-revue-est-un e http://www.igcl.org/This-issue-of-the-journal-is-a)

[8. Rimandiamo il lettore interessato all’editoriale della nostra rivista 12 (vedi nota precedente) per una breve presentazione della nostra principale critica di allora.

[9. RG #1, Correspondance sur le regroupement des révolutionnaires (http://www.igcl.org/Correspondance)

[10. Come affermamo nel precedente articolo su I dieci anni del GISC, la piattaforma che abbiamo adottato non è in contraddizione con quella della TCI – a differenza di quella della CCI. Riteniamo che la nostra sia più coerente e più precisa nella presentazione e nella comprensione dei confini di classe, e che sia più adatta e più rispondente alle questioni storiche dell’attuale periodo 2020. Di conseguenza, e a nostro avviso, le due piattaforme non sarebbero di per sé un ostacolo a un raggruppamento formale nelle file della TCI, se la situazione lo richiedesse e se le condizioni lo permettessero.

[11. Vedi ad esempio in RG #24 il dibattito (tradotto en italiano) che abbiamo aperto con la TCI e Bilan et perspectives, ora Groupe révolutionnaire internationaliste, sull’analisi delle lotte operaie in Francia e in Gran Bretagna e sull’intervento dei comunisti: http://www.igcl.org/Volantino-da-Bilan-et-Perspectives e http://www.igcl.org/Continuazione-della-corrispondenza.

[12. Come affermamo nel precedente articolo su I dieci anni del GISC, la piattaforma che abbiamo adottato non è in contraddizione con quella della TCI – a differenza di quella della CCI. Riteniamo che la nostra sia più coerente e più precisa nella presentazione e nella comprensione dei fronterie di classe, e che sia più adatta e più rispondente alle questioni storiche dell’attuale periodo 2020. Di conseguenza, le due piattaforme non sarebbero di per sé un ostacolo a un raggruppamento formale nelle file della TCI, se la situazione lo richiedesse e se le condizioni lo permettessero.

[13. Idem.

[14. Dichiarazione della TCI sullo scioglimento del GIO, il suo ex gruppo in Canada, 2016, (https://www.leftcom.org/it/articles/2017-01-13/dichiarazione-della-tci-sullo-scioglimento-del-gio-canada)

[15. Oltre a sviluppare un’aperta ostilità nei nostri confronti, alcuni membri dal primo GIO sviluppavano pratiche dubbie e posizioni spesso confuse e talvolta di estrema-sinistra.

[16. Le “frazioni”, cioè la Frazione Interna della CCI (FICCI) e la Frazione Internazionale della Sinistra Comunista (FIGC), questa essendo subentrata alla prima nel 2010. Il suo sito web è ancora aperto, con 60 numeri del suo Bollettino Comunista disponibili per chiunque abbia bisogno di consultarli: http://fractioncommuniste.org/.

[17. Nei numeri 7, 8, 9, 10, 11 17, 21, 22 et 24.