Rivoluzione o Guerra n°28

(Settembre 2024)

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Internazionale “de fatto” o internazionalismo “verbale” ?

« La nozione di “fautore dell’internazionalismo” è priva di ogni contenuto e di ogni senso, se non viene sviluppata concretamente. » (Lenin, Sotto la bandiera altrui, 1915)

Lo scoppio della guerra in Ucraina ha innegabilmente segnato una rottura e l’apertura di una dinamica verso la Terza Guerra Mondiale, alla quale solo il proletariato internazionale, in quanto classe sfruttata e rivoluzionaria, può opporsi. L’internazionalismo proletario è così tornato a essere una questione centrale: teorica e di principio per i rivoluzionari, politica e pratica per il proletariato internazionale. Da allora, la spinta verso la guerra generalizzata, lo sviluppo dell’“economia di guerra” e la preparazione ideologica, politica e militare alla guerra imperialista hanno determinato, e determineranno ancora di più, la portata, il contenuto e i tempi degli attacchi che ogni borghesia nazionale è portata a sferrare contro il “suo” proletariato. Le condizioni del confronto tra le classi sono sempre più dettate dalle esigenze e dalle richieste della marcia verso la guerra – e non più solo dalla difesa economica di ciascun capitale nazionale, di fronte alle sole contraddizioni economiche.

Se vogliamo trovare la strada migliore per superare il tumulto della guerra che sta per scoppiare, è essenziale fare riferimento all’esperienza della Prima guerra imperialista mondiale. Lenin e i bolscevichi furono senza dubbio i più chiari, determinati e coerenti difensori dell’internazionalismo proletario dal 1914 in poi. Le condizioni dell’epoca, in particolare il tradimento dei partiti socialdemocratici di massa che, nonostante la posizione di principio adottata ai congressi dell’Internazionale socialista, [1] aderirono all’unione e alla difesa nazionale, determinarono in larga misura l’applicazione concreta del principio internazionalista: da un lato, lo slogan rivolto alle masse proletarie per “la trasformazione della guerra imperialista in guerra civile”; dall’altro, la lotta contro l’opportunismo, cioè contro il tradimento della maggioranza dei partiti socialdemocratici, ma anche contro ogni forma di pacifismo e di internazionalismo inconsistente, cioè contro il “centrismo”. Questa lotta richiedeva una rottura organizzativa con la Internazionale socialista e la creazione di una nuova Internazionale.

Oggi, le condizioni concrete per la lotta in difesa dell’internazionalismo proletario non sono più esattamente le stesse. Da un lato, la guerra non è ancora generalizzata, lontano da esso, e le masse proletarie non sono mobilitate né al fronte né nelle retrovie. Di per sé giusto, lo slogan di trasformare la guerra imperialista in guerra civile non corrisponde al momento attuale come “chiamata diretta all’azione delle grandi masse.” [2] Rifiuto di ogni nuovo sacrificio per la preparazione della guerra, contro ogni unità nazionale e di classe in nome della difesa della democrazia, sarebbe più adatto alla situazione attuale e alla realtà dell’equilibrio di forze tra borghesia e proletariato.

D’altra parte, non esiste più alcuna organizzazione proletaria di massa, né partiti o sindacati, e lo sviluppo di scioperi operai di massa di fronte alla marcia verso la guerra avverrà non senza di loro, ma contro i sindacati e i partiti di sinistra, tutti diventati organi a pieno titolo dello Stato capitalista. La lotta contro l’opportunismo non riguarda più le correnti socialiste, staliniste, trotzkiste e persino anarchiche che sostengono il capitale e la difesa nazionale dopo il loro tradimento nel 1914, negli anni ’30 o nel 1939-45. Esse sono passate definitivamente nel campo della borghesia e della controrivoluzione e i comunisti hanno il dovere di denunciarle e combatterle in quanto tali. L’opportunismo in relazione all’internazionalismo proletario si esprime oggi tra le minoranze rivoluzionarie e all’interno dello stesso campo proletario. Tutti hanno potuto constatare le diverse “comprensioni” dell’internazionalismo in occasione delle iniziative “internazionaliste” che hanno seguito lo scoppio della guerra in Ucraina e in Medio Oriente. Ne abbiamo elencate tre in particolare: l’Appello al congresso contro la guerra di Praga del maggio 2024; la Dichiarazione congiunta dei gruppi della Sinistra Comunista, [3] in realtà firmata solo dalla CCI, Internationalist Voice e Il Istituto Damen; e, più recentemente, la cosiddetta Dichiarazione internazionalista di Arezzo, [4] a cui va aggiunta una conferenza cosiddetta internazionalista a Milano nel luglio 2023.

Non citiamo qui l’Appello della Tendenza Comunista Internazionalista per la formazione di comitati No War But Class War, che abbiamo sostenuto e al quale abbiamo risposto al meglio delle nostre possibilità. Questo appello, datato 6 aprile 2022, è di natura diversa. Questi comitati sono semplicemente comitati di lotta che mirano a riunire le minoranze più combattive dei proletari al fine di sviluppare risposte proletarie all’intensificazione dello sfruttamento del lavoro richiesto dalla marcia verso la guerra. In questo senso, e come per qualsiasi organismo unitario di lotta, assemblea generale, comitato di sciopero, sciopero stesso, ecc. il criterio di partecipazione è la volontà di ciascuno di impegnarsi in tale e tale mobilitazione o lotta, indipendentemente dalle posizioni politiche che alcuni o altri possono difendere, siano esse rivoluzionarie o meno. È quindi uno slogan di “azione”, “un appello alla lotta per la classe operaia in generale, che collega la lotta contro gli attacchi quotidiani del capitalismo con l’orrendo futuro che il capitalismo sta preparando per noi.” [5] In questo senso, l’appello alle NWBCW non è un’alternativa a qualsiasi raggruppamento o conferenza internazionalista. Non lo esclude, ma rappresenta un’altra dimensione dell’intervento e della lotta dei comunisti nella situazione che si è aperta dal 2022.

La conferenza cosiddetta « internazionalista » da Milano

Vediamo innanzitutto il ciclo di incontri cosiddetti internazionalisti da Milano. Il primo si svolse nel luglio 2023, il secondo nel febbraio 2024. Il lettore può fare riferimento al Internationalist Correspondence Bulletin, che raccoglie i vari contributi delle organizzazioni partecipanti. [6] La grande maggioranza era costituita da trotskisti e anarchici. La conferenza è stata promossa da Lotta comunista, che si è occupata dell’organizzazione pratica. Vi partecipò anche Rivoluzione comunista, un gruppo nato dalla Sinistra da Italia e in particolare dal PCI-Programma comunista nel 1964. [7] Fin dall’inizio, e dal punto di vista della Sinistra Comunista, la natura classista e non internazionalista della maggior parte dei partecipanti negava qualsiasi pretesa internazionalista o di classe a questi incontri, qualunque fosse la loro posizione precisa sulla guerra in Ucraina.

Formalmente, le posizioni avanzate non sono sul terreno del pacifismo borghese palese, per un cessate il fuoco e una pace democratica o altro. Come racconta un blog trotskista, “la questione politica centrale che ha motivato la convocazione di questo incontro è stata la guerra in Ucraina. Gli organizzatori hanno discusso se all’incontro dovessero essere invitate solo le forze della sinistra anticapitalista che assumevano una posizione indipendente, di classe e internazionalista (cioè contro la NATO e le classi dirigenti russa e ucraina), oppure se dovessero essere invitati tutti i punti di vista. Alla fine ha prevalso il secondo punto di vista, che si è poi rivelato corretto”. [8] In altre parole, fin dall’inizio, questo incontro apparentemente internazionalista comprendeva organizzazioni che mostravano una posizione “no Nato, no Russia”, che poteva apparire formalmente internazionalista, e altre che difendevano un campo imperialista contro l’altro, alcune sostenendo il campo ucraino e l’altro il campo russo: “Sulla natura della guerra in corso in Ucraina, c’erano, per dirla semplicemente, tre campi di posizioni: quello che caratterizzava il conflitto come inter-imperialista, che implicava il disfattismo da entrambe le parti delle forze in lotta; quello di una guerra di aggressione ed espansione degli Stati Uniti a cui la Russia avrebbe risposto in modo difensivo; e infine un’analisi del conflitto come potenziale inizio di una guerra generalizzata, ma in cui si sovrapponevano diversi conflitti, e in cui la questione nazionale ucraina rimaneva essenziale.” [9]

Ma ciò che ci interessa qui non è tanto il fatto che i gruppi trotskisti e anarchici possano sostenere un campo imperialista contro l’altro, quanto il significato politico delle posizioni apparentemente “internazionaliste”, formalmente “internazionaliste”, assunte dalla maggioranza dei partecipanti di sinistra, e quindi borghesi, all’incontro. Essi hanno definito la guerra in Ucraina come imperialista e hanno rifiutato qualsiasi partecipazione o sostegno a uno dei due campi imperialisti. “Oggi il confronto è tra potenze imperialiste da tutte le parti. Russia e Cina partecipano a pieno titolo all’ordine imperialista”, secondo l’International Trostkyist Opposition, per citare solo uno dei contributi. La realtà di questo “internazionalismo” viene rapidamente smascherata. Senza addentrarci nell’analisi e nella denuncia degli argomenti che accompagnano la posizione “internazionalista” sulla guerra in Ucraina, basta guardare alle posizioni assunte da questa organizzazione e dalla maggior parte degli altri gruppi trotskisti partecipanti sulla guerra, anch’essa imperialista, in Medio Oriente tra Israele e Hamas a Gaza e più ampiamente nella regione. Tutti sostengono il nazionalismo palestinese. Il loro “internazionalismo” è a geometria variabile e si ferma ai limiti della difesa delle lotte di liberazione nazionale e di altri “sostegni ai popoli oppressi”.

Questo tipo di conferenza internazionalista, che riunisce soprattutto, e non solo, gruppi di estrema sinistra, ha il solo scopo di completare l’occupazione del terreno ideologico e politico da parte delle forze borghesi, per lo più di sinistra, che sostengono il pacifismo. Queste iniziative sono quindi apertamente antioperaie e anti-internazionaliste. Sono ancora più pericolose, e chiediamo al lettore di tenerlo a mente, perché i gruppi controrivoluzionari di estrema sinistra potrebbero adottare una posizione formalmente internazionalista su questa o quella guerra imperialista in occasione di questi eventi.

Il congresso “anti-guerra” da Praga

Diversi gruppi rivoluzionari intorno a Tridni Valka [10] hanno indetto e “organizzato”, insieme a gruppi anarchici, il congresso di Praga contro la guerra che si è tenuto alla fine di maggio. Non appena abbiamo ricevuto l’appello per il congresso, abbiamo preso posizione su di esso e ne abbiamo criticato fortemente l’approccio. [11] Fortemente intriso di ideologia anarchica individualista e ribelle, l’appello, di per sé “internazionalista”, rifiutava la scelta di un campo imperialista contro l’altro sia in Ucraina che in Medio Oriente e invitava alla “la lotta contro la borghesia di tutte le parti in guerra.” La nostra critica si è concentrata sul contenuto e sull’orientamento politico del congresso: “sabotare la macchina da guerra coordinando azioni dirette individuali”, ignorando la realtà del rapporto di forze tra le classi, la dinamica dell’attuale lotta di classe e il proletariato in quanto tale.

“È perciò dovere imprescindibile dei socialisti di tutti i paesi belligeranti applicare subito e decisamente la risoluzione di Basilea [dal congresso de la 2a Internazionale], e precisamente: (…) chiamare gli operai di tutti i paesi belligeranti a un’energica lotta di classe, economica e politica; contro la borghesia del loro paese (…) e formare (…) un comitato internazionale di agitazione per la cessazione della guerra, non nello spirito dei pacifisti, dei cristiani e dei democratici piccolo-borghesi, ma in legame indissolubile con la propaganda e l’organizzazione di azioni rivoluzionarie di massa dei proletari di ogni paese...” (Lenin, sottolineiamo) [12]

Anche se la nostra presa di posizione pubblica su questo congresso ha avuto un certo eco, generalmente positivo, alcuni compagni o gruppi non hanno capito né condiviso il nostro approccio. Per un compagno, “rifiutare di partecipare a questa riunione e considerarla come pacifista-borghese è stato un errore da parte del GIGC.” Ora, non abbiamo rifiutato di partecipare: da una parte i gruppi cosiddetti partidisti ne erano esclusi dagli organizzatori; dall’altra, e nonostante questo divieto, vi siamo intervenuti – salvo a considerare che senza una presenza fisica è impossibile intervenire. Il nostro documento si rivolge “a tutti i partecipanti” e propone un’alternativa all’orientamento politico contenuto nell’Appello al congresso. La scelta di non “fare lo sforzo di una presenza fisica”, dovuto essenzialmente alle nostre deboli forze e alla necessità di utilizzare al meglio le nostre reali capacità, ci sembra sia stato convalidato – per quanto riguarda le nostre priorità in relazione alle nostre forze – dallo svolgimento stesso del congresso. Abbiamo esitato ad andare e avremmo potuto sbagliare. Ma i resoconti che abbiamo ricevuto o che abbiamo letto – quello della CCI in particolare – espongono chiaramente come questo congresso “è stato organizzato molto male e in maniera caotica.” [13] Tuttavia, che organizzazioni della Sinistra Comunista, la Tendenza Comunista Internazionalista, la Corrente Comunista Internazionale o ancora Programa Comunista, abbiano inviato delegazioni è da salutare e sostenere, qualunque divergenza di ordine secondario che potremmo avere con il contenuto stesso del loro intervento.

Infatti, come annunciavamo nel nostro discorso ai partecipanti, [14] il congresso stesso è stato un fallimento, almeno dal punto di vista proletario e internazionalista. “Non pensiamo che l’Appello al Congresso costituisca un passo avanti nella situazione attuale. [15] Nel migliore dei casi non può che essere fonte di confusione politica e di avventurismo attivista e sinistrorso. Invitiamo i gruppi politici e gli individui che desiderano situarsi sul terreno reale dell’internazionalismo proletario a rompere con il contenuto e lo spirito dell’Appello proponendo un altro che si basi senza alcun equivoco sulla lotta di classe. Sappiamo che la nostra proposta non può che sfociare in una delimitazione molto chiara e in una separazione senza dubbio con la maggior parte dei gruppi anarchici partecipanti.”

Secondo il resoconto della CCI e altre informazioni, una relativa decantazione è tenduta a emergere nel corso della stessa “settimana di azione”: davanti al caos e all’incapacità degli organizzatori di assumere materialmente – e politicamente – il congresso, una minoranza di partecipanti sotto l’influenza della delegazione della TCI e del Programa, sembra, ed altri compagni, hanno tentato di tenere un “congresso-bis” che ha permesso di stabilire contatti tra internazionalisti intenzionati a essere conseguenti. Purtroppo questa minoranza non fu capace di adottare nemmeno un documento o una risoluzione attorno alla quale il conseguente internazionalismo proletario avrebbe potuto polarizzarsi.

Senza dubbio, una delle ragioni di questa relativa impotenza politica è dovuta alle esitazioni e confusioni politiche su ciò che oggi significa in realtà l’internazionalismo proletario. In effetti, noi sosteniamo che le parole d’ordine di azione diretta che intendeva organizzare e lanciare il congresso, per quanto radicali potessero apparire agli occhi dei più inesperti, non si collocavano sul terreno dell’internazionalismo proletario: l’unica via d’uscita dall’incubo delle guerre capitaliste e della pace capitalista è un risveglio collettivo: dobbiamo vedere e sabotare l’intera macchina della guerra, rovesciare i suoi rappresentanti e reclamare il nostro potere di creatori del mondo”, conclude l’Appello al congresso. [16] La prima frase non chiama alla lotta proletaria, non si basa sulla lotta di classe, ma sul risveglio delle coscienze. E per fare che cosa? Per chiamare alla lotta operaia, all’insurrezione e alla dittatura del proletariato? Non affatto, ma per sabotare e “reclamare il nostro potere di creatori del mondo”! La prima frase volge le spalle all’internazionalismo proletario che non può essere che in collegamento – quanto “esteso” – con le parole d’ordine della lotta di classe, dell’insurrezione e della dittatura del proletariato. Preceduta dalla prima, la seconda è solo una frase radicale piccolo-borghese...

La Dichiarazione congiunta dei gruppi della Sinistra Comunista Internazionale

Anche in data 6 aprile 2022, questa dichiarazione su iniziativa della CCI è stata firmata da Internationalist Voice, l’Istituto Damen e il gruppo coreano Internationalist Communist Perspectives. [17] Denunciando la guerra imperialista e opponendo a essa la lotta di massa rivoluzionaria del proletariato e la dittatura del proletariato, la dichiarazione si situa sul terreno dell’internazionalismo proletario: “La guerra che si svolge in Ucraina non viene combattuta negli interessi della classe operaia, che è una classe di unità internazionale, ma secondo gli interessi contrapposti di tutte le diverse potenze imperialiste, grandi e piccole. (…) Quest’ultima guerra, la più grande in Europa dal 1945, annuncia il futuro del capitalismo a livello mondiale se la lotta della classe operaia non porta al rovesciamento della borghesia e alla sua sostituzione con il potere politico della classe operaia, la dittatura del proletariato.”

La dichiarazione si distingue quindi nettamente dal congresso anti-guerra di Praga, al punto che ogni internazionalista coerente può ritrovarsi nel quadro dei principi avanzati. Per questo è largamente insufficiente. Per una ragione molto semplice: essa lascia da parte, in modo del tutto opportunistico, la posta storica fondamentale che il proletariato si trova ad affrontare, cioè la dinamica verso la guerra imperialista generalizzata che si è appena aperta con la guerra in Ucraina. In questo modo, “la dichiarazione proposta contiene diversi difetti (...) ed è inadeguata come guida politica per la classe operaia su come combattere la guerra. In primo luogo, non affronta il significato reale di questa guerra in questo momento. (…) In quanto tale, non fornisce alcuna guida. È una dichiarazione puramente cartacea e noi dobbiamo offrire qualcosa di più”, scrive giustamente la TCI in una lettera del 21 marzo 2022. [18] In un’altra lettera del 30 aprile 2022, la TCI si riferisce esplicitamente alla divergenza sulla prospettiva di una guerra imperialistica generalizzata: “Non crediamo che condividiate davvero la nostra preoccupazione per la gravità della situazione attuale. Notiamo che sul vostro sito c’è un articolo che afferma che non ci sarà una guerra imperialista generale perché ‘i blocchi non sono stati formati’.”

Ne consegue che la dichiarazione mostra un internazionalismo astratto, generale, valido in tutte le circostanze, quello stesso che Lenin definisce come “internazionalismo verbale.” In realtà, la CCI si trova in un vicolo cieco teorico e politico da quando ha respinto ogni possibilità di guerra imperialista generalizzata al suo 15o congresso internazionale del 2003. Dallo scoppio della guerra in Ucraina e di fronte all’evidenza, si contorce come può per cercare di menzionare e prendere in considerazione la realtà della guerra imperialista negando ogni dinamica verso la guerra generalizzata. Ne risultano articoli e prese di posizione contraddittorie, oppure... generali e astratte di fronte alla situazione reale in corso, di cui questa dichiarazione è l’espressione.

Quando messo con le spalle al muro, la contraddizione tra la realtà storica e la sua teoria della Decomposizione esplode violentemente: “Perché una guerra mondiale possa avere luogo, occorrerebbe che si costituissero due blocchi imperialisti, cosa che non è attualmente all’ordine del giorno e forse non lo sarà mai. Ma l’insabbiamento irreversibile nella decomposizione è una minaccia molto più tangibile, in corso di realizzazione, e altrettanto catastrofica ma probabilmente ancora più terribile della guerra mondiale, [19] dice ancora nel giugno 2024. Come armare il proletariato e partecipare alle sue lotte, le cui condizioni sono e saranno determinate dalla marcia verso la guerra generalizzata, se questa viene negata? Peggio ancora, se si presenta la vera minaccia come quella dell’idea di Decomposizione, che non è portata da nessuna classe, al posto della guerra generalizzata che è portata e incarnata dalla classe borghese? Abbiamo qui un caso tipico dell’internazionalismo della frase, dell’internazionalismo astratto, che alla fine disarma il proletariato lasciandolo credere che la guerra non è la realtà in corso, né il pericolo – come ultima espressione della crisi del capitale –, il fattore, diventato oggi il principale, di peggioramento delle sue condizioni di esercizio.

Per questo avremmo potuto firmare questa dichiarazione, come Lenin e la sinistra di Zimmerwald avevano firmato il Manifesto della conferenza nella misura in cui avrebbe rappresentato “un passo avanti...”, pur mantenendo le nostre critiche e la nostra lotta. Mentre promuoviamo il nostro intervento nei comitati NWBCW. Ma perché questa dichiarazione potesse rappresentare questo passo avanti, occorreva ancora che la CCI non ne escludesse una buona parte del campo proletario, se non la sua maggioranza, in nome della “lotta contro i gruppi parassitari” e decretando, in modo del tutto parziale o soggettivo, chi è e chi non è “internazionalista.” [20] Altra contraddizione della CCI, a causa della sua teoria del parassitismo questa volta, che riduce i partecipanti alla sua Dichiarazione al solo Istituto Damen, sapendo che Internationalist Voice è diventato il suo satellite e il suo clone nella “lotta antiparassitaria”...

Il bilancio di questa dichiarazione che non è più “di gruppi della Sinistra comunista”, ma è diventata nel frattempo “comune alla Sinistra comunista” [in francese], riducendo la partecipazione solo alle CCI e all’Istituto Damen? Leggiamo il CCI stesso: “queste iniziative internazionaliste della CCI non sembrano essere state un successo poiché non hanno portato ad una risposta unita dell’insieme o addirittura della maggioranza delle correnti della sinistra comunista...” [21]

La proclamazione internazionalista di Arezzo

Abbiamo preso conoscenza in vari siti del movimento “consigliarista” di una proclamazione internazionalistica, [22] adottata durante un incontro ad Arezzo in Italia lo scorso giugno. “All’inizio di giugno, l’ultimo giorno del congresso contro la guerra a Praga, abbiamo concordato sulla necessità di una breve dichiarazione sul capitalismo e la guerra che esprima le nostre posizioni comuni e possa servire come base per continuare il lavoro in rete e l’azione comune. Questa dichiarazione è stata scritta dopo la fine del congresso. Essa è stata discussa, emendata e approvata durante l’incontro internazionalista di Arezzo, dove si è espresso il desiderio che sia discussa più ampiamente dai partecipanti al congresso di Praga e da quelli che si riuniranno a Poznan alla fine del mese.” Il testo, di tono politico consigliarista, anche solo per ciò che non è detto, resta comunque internazionalista. Ha il merito di fare il collegamento tra la dinamica della guerra imperialista mondiale e la lotta di classe: “lottando contro l’austerità, i lavoratori combattono contro la guerra, consapevolmente o meno.” La proclamazione avrebbe dovuto attenersi a quest’ultima frase e al quadro che delinea per definire gli orientamenti politici da mettere in evidenza.

Invece, si avventura a riprendere alcuni orientamenti del congresso anti-guerra di Praga che, in assenza di chiarimenti, possono solo portare all’impasse e all’impotenza: “Sosteniamo i proletari di entrambe le parti che rifiutano di combattere, che disertano, che fraternizzano invece di uccidersi a vicenda. Sosteniamo il sabotaggio della macchina da guerra e la resistenza collettiva contro l’arruolamento, la mobilitazione e la militarizzazione della società.”

In realtà, le condizioni per conferenze o dichiarazioni internazionaliste comuni alla Sinistra Comunista nel suo insieme, per un Zimmerwald adattato al 2024, non sono oggi presenti. Innanzitutto una conferenza o un raggruppamento di questo tipo non incontrerebbe le stesse condizioni storiche di Zimmerwald e Kienthal nel 1915 e 1916. Uno, la guerra non è ancora generalizzata; due, non ci sono più organizzazioni di massa del proletariato, sindacati e partiti, che tradirebbero di nuovo, come abbiamo ricordato nell’introduzione.

Inoltre, la realtà, minoritaria e divisa, del campo proletario e le debolezze storiche, il settarismo in particolare, dei suoi componenti non permettono oggi di considerare la costituzione di un’iniziativa internazionalista coerente dell’intero campo, se non da tutto il campo, cioè dalle sue organizzazioni e gruppi comunisti. Questo è quanto dimostra l’iniziativa della CCI. Prima che possa essere così, sarà necessario da una parte che il proletariato in lotta massiccia spinga, se non costringe, le sue minoranze politiche a rompere con il settarismo e ad elevarsi all’altezza delle sfide e delle loro responsabilità storiche – anche solo ponendo la questione del partito, di cui ogni conferenza o iniziativa internazionalista dovrebbe essere il preludio come Zimmerwald lo fu per l’Internazionale comunista. E che una decantazione si produca in essa, particolarmente sulla questione dell’internazionalismo proletario. In effetti, per essere coerente, l’internazionalismo proletario non è che "parole" se non si estende ai principi della lotta di classe, dell’insurrezione proletaria e dell’esercizio della dittatura del proletariato. L’unità di questi principi è la prima condizione affinché quello dell’internazionalismo proletario possa allora essere "declinato", applicato alle situazioni concrete e alla dinamica reale del rapporto di forze tra le classi.

I estremi sinistri cosiddetti internazionalisti di Milano rifiutano questi principi e si posizionano, tra gli altri, sui principi della democrazia, dell’antifascismo e delle lotte di liberazione nazionale. Ne consegue che, nonostante alcune posizioni sulla guerra in Ucraina, la conferenza è sul terreno della borghesia. Gli iniziatori del congresso contro la guerra di Praga ignorano la lotta del proletariato e la sostituiscono con le azioni dirette delle minoranze attive. Praga fu, al massimo, una variante moderna dell’opportunismo rispetto all’internazionalismo, sostituita dalla "frase radicale" anarchica. La proclamazione internazionalista di Arezzo si colloca sul terreno del centrismo nei confronti del pacifismo radicale facendo concessioni agli anarchici e al congresso di Praga sulle azioni "dirette" – senza dimenticare che essa “non estende” il suo riconoscimento della lotta di classe a quelle dell’insurrezione operaia e della dittatura del proletariato. La Dichiarazione della CCI e dell’Istituto Damen, ignorando la guerra imperialista generalizzata come fattore centrale della situazione, rimane astratta e generale, valida in ogni tempo. È largamente insufficiente di fronte alla corsa verso la guerra imperialista generalizzata che la borghesia cerca di imporre oggi, concretamente, nella realtà materiale della lotta di classe. Tuttavia, avrebbe potuto rappresentare un passo avanti, ma il settarismo e l’opportunismo della CCI, suo principale iniziatore, ne hanno completamente sabotato il valore politico e l’interesse escludendone la maggioranza dal campo rivoluzionario.

Questa è per ora la “triste” realtà del campo internazionalista. Per questo, la fuga in avanti del capitale nella guerra generalizzata interpellarà direttamente il proletariato internazionale sulle sue condizioni di vita e le forze internazionali sul senso e la funzione dell’internazionalismo proletario. La lotta per la difesa dell’internazionalismo proletario è appena iniziata. Nella misura in cui l’internazionalismo proletario può essere portato in modo conseguente solo dal movimento comunista, la lotta per la sua affermazione si iscrive pienamente nella lotta per il partito proletario mondiale. Non è questa la lezione principale di Zimmerwald?

“Per il partito del proletariato, il dovere di opporre con assoluta chiarezza, precisione e determinatezza l’internazionalism di fatto all’internazionalismo verbale.” (Lenin) [23]

RL, Agosto 2024

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Notes:

[1. Risoluzioni di Stoccarda e Basilea.

[2. Tranne forse, e su questo si può discutere, nei paesi in guerra, in Ucraina, in Russia, o anche in Israele e Palestina...

[11. cf. Rivoluzione o guerra #27, Il “Congresso contro la guerra” di Praga: Influenza e pericolo del cosiddetto anarchismo “internazionalista”

, http://www.igcl.org/Il-Congresso-contro-la-guerra-di

[12. Alla redazione del “Nasce Slovo”, 1915, Opere complete, Editori Riuniti, 1966. Abbiamo la debolezza di pensare che lo scopo dei comitati NWBCW sia in linea con questa prospettiva politica.

[13. Ci sembra importante citare questo passaggio della CCI per valutare la realtà del congresso stesso, della sua organizzazione e del suo “internazionalismo” : “Anche se gli organizzatori hanno insistito sul fatto che la manifestazione non era un appello a sostenere il nazionalismo palestinese, il numero di persone che portavano una bandiera palestinese poteva solo farla apparire come un’estensione delle manifestazioni pro-palestinesi che si svolgono in tutto il mondo, comprese le Università negli Stati Uniti e in Europa. Altrettanto importante: mentre il comitato organizzatore sembrava assente, i pochi partecipanti alla “Settimana di azione” che hanno preso parte a questa manifestazione si sono presto resi conto che si trattava di una manifestazione illegale, con la conseguenza che i loro documenti d’identità sono stati ritirati dalla polizia. Poiché la maggior parte di loro era di nazionalità straniera, ciò avrebbe potuto portare alla loro espulsione.” (https://it.internationalism.org/content/1812/action-week-praga-lattivismo-e-un-ostacolo-la-chiarificazione-politica)

[14. Rivoluzione o guerra #27, op.cit.

[15. Contrariamente alla conferenza di Zimmerwald del 1915 per riferirsi all’esperienza e al combattimento di allora di Lenin e della Sinistra della conferenza che, nonostante la loro critica molto forte sulle debolezze di ordine pacifista del Manifesto adottato, l’avevano firmata perché “rappresentava un passo avanti.”

[16. https://actionweek.noblogs.org/congresso-contro-la-guerra-it/. In realtà, sembra che ci siano due “Appello” al congresso, l’altro si trova su https://actionweek.noblogs.org/italiano/.

[17. Internationalist Communist Perspectives si è distinto per aver ripreso a sua volta il Appello della TCI di formare comitati NWBCW.

[19. Questo articolo non è tradotto in italiano dalla CCI. Non ci soffermeremo – vista l’inanità e la stupidità degli argomenti – che è destinato a denunciare “le nostre” menzogne e che, costretto ad argomentare un minimo, conferma ampiamente la nostra critica delle posizioni della CCI: https://fr.internationalism.org/content/11390/face-aux-mensonges-et-embrouilles-du-gigc-defense-lintervention-du-cci-face-a-guerre.

[20. Lettera della TCI del 21 marzo 2022, citando innanzitutto la CCI : ‘Controverses, IGCL-GIGC, Internationalist Perspective, Matériaux Critiques e alcuni altri appartengono al milieu parassitario e non hanno nulla a che fare con l’internazionalismo proletario, anche se ne scrivono e anche se presentano esattamente la stessa posizione. La loro attività è caratterizzata dal sabotaggio delle attività comuniste e ostacola la possibilità di un’azione unitaria dell’autentica Sinistra comunista. I gruppi che appartengono alla Sinistra comunista sono: Il Partito Comunista, Il Programma Comunista, Istituto Onorato Damen, Il Comunista, Tendenza Comunista Internazionalista e Internationalist Voice.’ Quindi, quello che ci chiedete di sottoscrivere è la vostra particolare definizione di chi è, o non è, nella Sinistra comunista e, inoltre, la vostra logica di lunga data secondo cui qualsiasi organizzazione formata da coloro che hanno lasciato la CCI deve essere colpevole di “parassitismo”. Vi abbiamo a lungo criticato per questa etichetta distruttiva. Anche noi abbiamo criticato questi raggruppamenti in alcune occasioni, ma sempre in termini politici, con l’obiettivo di fare chiarezza e non con un’etichetta volta ad annientare il loro diritto di esistere.” (Corrispondenza… op.cit.)

[21. Non abbiamo trovato una versione italiana. Traduciamo dal francese: Deux ans après la déclaration commune de la Gauche communiste sur la guerre en Ukraine : https://fr.internationalism.org/content/11350/deux-ans-apres-declaration-commune-gauche-communiste-guerre-ukraine

[22. Non abbiamo trovato una versione italiana. Traduciamo dal francese dal sito Pantapolis : http://pantopolis.over-blog.com/2024/07/proclamation-internationaliste-sur-le-capitalisme-et-la-guerre-arezzo-juillet-204.html

[23. Lenin, I compiti del proletariato nella nostra rivoluzione, La situazione dell’Internazionale socialista, 1917, Opere complete, vol. 24, Op. Cit.