Rivoluzione o Guerra n°27

(Maggio 2024)

AccueilVersion imprimable de cet article Version imprimable

Il “Congresso contro la guerra” di Praga: Influenza e pericolo del cosiddetto anarchismo “internazionalista

Riportiamo qui l’appello per un “congresso contro la guerra” lanciato da vari gruppi, per lo più anarchici, ma la cui forza trainante sembra essere il gruppo rivoluzionario Guerre de classe - conosciuto anche con il nome ceco Tridni Valka [1] – più o meno discendente o influenzato dal Gruppo Comunista Internazionalista (GCI). Facciamo seguito all’appello per un Congresso con un Indirizzo al Congresso, che abbiamo inviato noi stessi e che vuole essere una posizione critica nei confronti di questa iniziativa.

Congresso contro la guerra di Praga 24 al 26 Maggio 2024

Dal 20 al 26 maggio 2024, gruppi e individui provenienti da diverse parti del mondo si incontreranno a Praga per coordinare le attività contro la guerra nell’ambito della Settimana d’azione. La serie di eventi comprenderà anche un congresso contro la guerra, che si terrà da venerdì 24 a domenica 26 maggio 2024. Al congresso saranno presentate campagne, azioni dirette, progetti, pubblicazioni e analisi relative al tema della guerra. Tra altre cose questo evento internazionalista sarà un’assemblea aperta che cercherà di combinare il background teorico con le attività pratiche.

Consideriamo necessario, nel processo di resistenza alla guerra, sviluppare una pratica anticapitalista che cerca di preservare l’autonomia politica.

In concreto, questo significa che vogliamo organizzarci al di fuori dei partiti politici, delle strutture degli stati e contro tutti gli stati. Ci interessano in particolare i modi in cui possiamo opporci a tutti le dure condizioni a cui siamo stati esposti e sottoposti durante le guerre interstatali e la pace capitalista. Siamo interessati ai modi per sabotare le guerre, come privare i nostri nemici delle risorse, come minare la capacità degli stati e dei loro eserciti di continuare le guerre.

Quale strada seguire e cosa fare? Come unire le forze e organizzarsi? Cercheremo risposte basate sulla differenziazione di classe, non nazionale; risposte che tengano conto della pura contraddizione tra soldati e ufficiali, tra lavoratori salariati e padroni, tra proletariato e borghesia. Cercheremo modi per far sì che i soldati in uniforme di qualsiasi esercito statale si identifichino con la lotta sociale dei loro fratelli e sorelle dall’altra attraverso la linea di trincea, e non negli ordini omicidi dei loro ufficiali. Cercheremo anche di opporci ai falsi amici, a tutti coloro che cercano di trasformare la lotta di classe in una lotta nazionale o religiosa per un nuovo stato, un nuovo spazio capitalista, più adatto alle loro esigenze.

Sosteniamo la comunità internazionalista che afferma la lotta contro la borghesia di tutte le parti in guerra, contro gli eserciti di tutti gli stati, contro i capitalisti di ogni paese. Le attuali manifestazioni di resistenza, per quanto contraddittorie e frammentate, contengono indubbiamente i semi di una polarizzazione sociale che può trasformare le guerre tra stati in scontro di classe.

Si tratta del confronto tra i difensori della nazione, gli stati e il capitalismo, da un lato, e la classe sociale, dall’altro, che comincia a rendersi conto che la difesa della nazione a cui è legata in catene serve solo agli interessi di chi la sfrutta.

L’azione diretta contro le guerre assume oggi varie forme, più o meno mirate, più o meno organizzate. Puntiamo a un cambiamento qualitativo per cui i singoli atti di resistenza escano dal loro isolamento attraverso l’interconnessione e il coordinamento. Il nemico comune in ogni epoca è, prima di tutto, il capitalismo, e quindi ogni stato che la struttura, l’esercito che la difende, la borghesia che la incarna. L’unica via d’uscita dall’incubo delle guerre capitaliste e della pace capitalista è un risveglio collettivo: dobbiamo vedere e sabotare l’intera macchina della guerra, rovesciare i suoi rappresentanti e reclamare il nostro potere di creatori del mondo.

Invitiamo i gruppi e gli individui interessati a partecipare al progetto congresso contro la guerra a Praga di contattarci con largo anticipo con le proposte per il programma.

Insieme contro le guerre capitaliste e la pace capitalista!

Dal Gruppo Internazionale della Sinistra Comunista (GISC) ai partecipanti al Congresso “contro la guerra” di Praga

Abbiamo ricevuto l’Appello per il “congresso contro la guerra” che si terrà a Praga. [2] Non potremo essere fisicamente presenti quando si terrà. Se avessimo potuto, saremmo intervenuti, criticando l’impostazione e il quadro politico su cui si basa e difendendo le nostre posizioni sull’internazionalismo proletario nell’attuale situazione storica, quella della marcia verso la guerra generalizzata che il capitalismo sta cercando di imporre.

Innanzitutto e per informazione sul GISC, si deve indicare che dalla sua costituzione nel 2013, abbiamo basato tutte le nostre attività e i nostri orientamenti politici sull’attualità dell’alternativa storica rivoluzione proletaria internazionale o guerra imperialista generalizzata. Tanto che abbiamo intitolato la nostra rivista d’intervento Rivoluzione o Guerra.

Lo scoppio della guerra imperialista in Ucraina è stata la prima espressione del fatto che il capitalismo, incapace di superare le sue contraddizioni sul piano economico, si stava imboccando con decisione verso una guerra imperialista generalizzata, una Terza Guerra Mondiale. In questo senso, la guerra in Ucraina non è stata una guerra imperialista locale come le precedenti. Ha segnato una rottura con il passato. Ciò che è seguito, il modo in cui si è svolto e il modo in cui è continuato fino ad oggi, le sue implicazioni sia in termini di allineamenti imperialisti dei vari partiti, la loro polarizzazione, sia le politiche di riarmo generalizzato e di produzione militare, seguite dalla guerra in Medio Oriente, hanno confermato questa dinamica verso la guerra.

Questa costringe tutte le borghesie a raddoppiare gli attacchi specifici al proprio proletariato. In circostanze normali – cioè al di fuori di situazioni rivoluzionarie o pre-rivoluzionarie – la lotta di classe, cioè la lotta tra le classi, non può che raddoppiare e inasprirsi per iniziativa della stessa borghesia, non solo a causa della crisi economica ma anche, e sempre più, per esigenze della guerra. La guerra in Ucraina ha avuto conseguenze pratiche immediate sul proletariato mondiale, ad esempio sull’inflazione, e ovviamente in modo ancora più drammatico sui proletari dell’Ucraina e della Russia. L’esplosione delle spese per gli armamenti e lo sviluppo di economie di guerra in tutti i paesi non possono che aggravare lo sfruttamento del lavoro da parte del capitale e imporre sacrifici ancora maggiori al proletariato. È quindi su questa prospettiva di massicci scontri tra classi, provocati dalla borghesia per le esigenze della sua marcia verso la guerra generalizzata, che i rivoluzionari devono basare oggi i loro orientamenti politici e i loro interventi. Ed è solo sul proprio terreno di classe che il proletariato può rallentare, e poi contrastare, la marcia verso la guerra, spianando la strada alla rivoluzione proletaria e alla distruzione di tutti gli Stati capitalistici.

Siamo ben coscienti dei limiti attuali delle lotte proletarie, nonostante le massicce mobilitazioni in Gran Bretagna e in Francia nel 2022 e nel 2023, o la ripresa di importanti lotte operaie negli Stati Uniti, per citare solo alcuni esempi significativi. Ma le difficoltà della mobilitazione di massa del proletariato non devono distrarci dalla lotta di classe, né indurci a cercare surrogati o ricette che sostituiscano la lotta proletaria di massa con azioni minoritarie di stampo anarchico o da estrema sinistra, anche con il pretesto che potrebbero servire da esempio o da “risveglio collettivo”, per usare un’espressione dell’Appello al Congresso.

Eppure è proprio questo che sembra emergere dal contenuto politico dell’Appello. Dato che la stragrande maggioranza dei “partecipanti” si dichiara anarchica, è improbabile che si riesca a convincere il congresso nel suo complesso della sua impostazione a-classista e non rivoluzionaria, e ad adottarne una diversa.

Un congresso “contro la guerra” che volta le spalle all’internazionalismo proletario

Il nome stesso pone un problema. La formula “congresso anti-guerra” è più che confusa e lascia la porta aperta a qualsiasi concessione al pacifismo borghese e piccolo-borghese, compreso quello più radicale. Poiché “anti-guerra” non ha alcun riferimento o significato di classe, ne consegue fin dall’inizio che il congresso non ha come criterio di base una delimitazione e un orientamento specificamente di classe o proletario. Solo il proletariato, in quanto classe sfruttata e rivoluzionaria, può opporsi alla guerra imperialista. L’esperienza del 1917 e del 1918, in particolare in Russia, ci dimostra che il proletariato rivoluzionario non lotta contro la guerra in sé. Non è una lotta “contro la guerra” in sé. È una lotta contro le conseguenze economiche e politiche concrete che la guerra imperialista o la marcia verso la guerra imperialista gli impone. È quindi una lotta contro la situazione materiale in cui si trova, di cui diventa più o meno consapevole a seconda del momento e della situazione, e non una lotta per un’idea, in questo caso l’idea dell’antiguerra. “Antiguerra” e “internazionalismo proletario” non sono sinonimi. Si oppongono in termini di classe. O uno o l’altro.

In queste condizioni, oblio del proletariato e della lotta di classe reale, la pretesa di “combinare il background teorico con le attività pratiche” è nella migliore delle ipotesi una frase vuota, se non un bluff. Infatti, come si possono combinare le premesse teoriche dell’anarchismo proprie della maggioranza dei gruppi partecipanti con quelle di altri gruppi rivoluzionari che affermano di rivendicare il materialismo storico?

Questa fraseologia a-classista che auspica la combinazione – il superamento? – tra il background teoriche anarchiche e marxiste trova molto rapidamente la sua traduzione politica: innanzitutto, si tratta “di preservare l’autonomia politica” senza ulteriori precisazioni. L’autonomia di chi? Di che cosa? Autonomia del proletariato da tutte le forze politiche borghesi, comprese quelle più radicali, sindacali e di estrema sinistra, staliniste, trotzkiste e... anarchiche comprese, almeno per queste ultime la maggior parte delle sue principali organizzazioni? No, affatto. Si tratta di ”in concreto (...) organizzarci al di fuori dei partiti politici”, senza alcun riferimento al loro carattere di classe. In breve, questa è la classica posizione anarchica che può solo portare alla sconfitta del proletariato e al tradimento di classe, in particolare dei principi dell’insurrezione operaia e della distruzione dello Stato borghese da un lato e dell’internazionalismo proletario dall’altro, come ha dimostrato l’esperienza spagnola della CNT nel 1936.

Abbiamo già notato :
- che l’Appello non si basa in alcun modo sulla capacità del proletariato di sviluppare le sue lotte contro gli attacchi, diversi e vari a seconda del paese, della situazione locale e del momento, che sono tutti parte della marcia verso la guerra generalizzata;
- che rifiuta, di fatto, il ruolo indispensabile delle minoranze rivoluzionarie – e per noi del partito politico proletario, il partito comunista – di fornire orientazioni e parole de ordine per un’azione adatta proprio alle situazioni e ai mutevoli rapporti di forza tra le classi che alla fine decideranno in quale direzione si risolverà l’alternativa storica tra rivoluzione e guerra.

Questa capacità delle minoranze politiche rivoluzionarie di concretizzare ed esercitare la direzione politica d’avanguardia nel corso della lotta proletaria è resa possibile, a condizione che si battano per questo, dal legame permanente che stabiliscono tra il loro intervento nelle lotte di classe e i principi dell’insurrezione operaia, della distruzione dello Stato capitalista e dell’esercizio della dittatura del proletariato – in altre parole, con il programma comunista che queste minoranze concretizzano ed esprimono più chiaramente. Come nell’ondata rivoluzionaria del 1917-1918, non fu intorno alla lotta contro la guerra, che equivaleva al pacifismo per quanto radicale fosse la frase e le “azioni”, che finirono per raggrupparsi i rivoluzionari, compresi i militanti anarchici rimasti individualmente fedeli all’internazionalismo. Fu intorno al slogan della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile. Adottando le parole d’ordine dell’insurrezione operaia e della dittatura del proletariato, anche aderendo al Partito Comunista o all’Internazionale Comunista che le difendevano e le concretizzavano, molti di loro operarono una rottura esplicita o di fatto con l’anarchismo. L’anarchismo, come corrente politica e intorno alla figura di Kropotkin, aveva tradito il principio dell’internazionalismo proletario già nel 1914, il che ha fatto che la maggior parte dei gruppi anarchici parteciperanno alla seconda guerra mondiale imperialista.

Quale strada seguire e cosa fare? chiede il Appello. Il suo penultimo paragrafo si riferisce agli azioni dirette, menzionando solo le azioni individuali che devono essere coordinate “per realizzare un cambiamento qualitativo” [dicono le versioni inglese e francese.] Non si tratta di coordinare e sommare una successione di azioni individuali, ma di partecipare e iscriversi alla lotta collettiva del proletariato di fronte ai sacrifici di vario genere che la borghesia di ogni paese sta già imponendo e che può solo accentuare per le esigenze della guerra. [3] La stessa fine dell’appello esprime la confusione e la impotenza politica quando invoca “un risveglio collettivo” come “l’unica via d’uscita dall’incubo delle guerre capitaliste e della pace capitalista.” E a che cosa serve questo risveglio? A “vedere e sabotare l’intera macchina della guerra...” Nella misura in cui l’Appello ignora qualsiasi riferimento alla lotta del proletariato, il sabotaggio dell’intera macchina de guerra è svuotato di qualsiasi significato di classe, ammesso che una formula del genere, a dir poco confusa, possa averne uno; o anche ammesso che uno slogan del genere possa avere un significato in un dato momento. La realtà dell’attuale rapporto di forze tra le classi non è quella di un periodo “pre-rivoluzionario” in cui il proletariato è mobilitato in massa e in modo permanente, durante il quale è sufficientemente forte, come nel 1917 in Russia, per “sabotare la guerra, impedire che i proletari siano mandati al massacro, bloccare l’approvvigionamento e il trasporto delle armi, organizzare diserzioni, ammutinamenti e fraternizzazioni tra i proletari in uniforme su entrambi i lati del fronte, rivolgere le nostre armi contro gli organizzatori del massacro,” [4] di cui il Congresso vuole parlare. In una tale situazione pre-rivoluzionaria, l’insurrezione rivoluzionaria è solo una questione di tempismo e di convenienza tattica. Nella realtà odierna, con un equilibrio di forze sfavorevole, non è così e non resta che la frase radicale degli azioni dirette contro la guerra. Il risultato è che l’Appello, se è un appello “sincero”, cioè che non mira a reintrodurre sotto uno slogan “contro la guerra” una sorta di pacifismo radicale di stampo borghese (di estrema sinistra), finisce con l’ammettere l’impasse e l’impotenza dal punto di vista del proletariato prima ancora che il congresso si sia tenuto.

Sappiamo bene che qualsiasi appello a una conferenza o a qualsiasi altra cosa per stabilire uno spazio politico proletario che serva da riferimento e da raggruppamento, nel senso più ampio del termine, per l’insieme del proletariato di fronte alla guerra imperialista, non può incontrare un accordo totale fin dall’inizio. I gruppi partecipanti, in particolare i comunisti, possono essere portati a fare “concessioni”. Ma questi non devono essere fatte sui principi. E che la conferenza o l’appello rappresentino un passo avanti verso l’affermazione di un polo o campo politico internazionalista. Le conferenze internazionaliste di Zimmerwald e Kienthal del 1915 e 1916 dovrebbero essere per noi dei riferimenti storici. Il Manifesto della prima fu criticato dalla Sinistra di Zimmerwald, che non era riuscita a imporre la propria visione. Tuttavia, essa firmò il Manifesto perché “è un fatto che il Manifesto costituisce un passo avanti verso la lotta effettiva contro l’opportunismo, verso la rottura e la scissione con esso. Sarebbe settario rinunciare a questo passo avanti...” (Lenin, Un primo passo, 1915, tradotto dalla versione francese)

Non pensiamo che l’Appello al Congresso costituisca un passo avanti nella situazione attuale. Nel migliore dei casi non può che essere fonte di confusione politica e di avventurismo attivista e sinistrorso. Invitiamo i gruppi politici e gli individui che desiderano situarsi sul terreno reale dell’internazionalismo proletario a rompere con il contenuto e lo spirito dell’Appello proponendo un altro che si basi senza alcun equivoco sulla lotta di classe. Sappiamo che la nostra proposta non può che sfociare in una delimitazione molto chiara e in una separazione senza dubbio con la maggior parte dei gruppi anarchici partecipanti.

Da parte nostra, e fino ad oggi, ci siamo uniti all’appello lanciato dall’inizio della guerra in Ucraina dalla Tendenza comunista internazionalista alla formazione del comitato di lotta No War But the Class War. [5] Questi comitati ai quali la TCI aveva stabilito 12 punti o criteri di partecipazione, si basano, come indica il loro nome, non su una qualsiasi “lotta anti-guerra”, ma sull’opposizione alla guerra imperialista attraverso la guerra di classe. In tal modo, e in primo luogo, ogni illusione pacifista che la formula anti-guerra permette, è chiaramente esclusa. Cercando di inserirsi sul terreno e il tempismo degli scontri di classe che la marcia alla guerra impone e sta per imporre, questi comitati si collocano all’inizio come momenti di mobilitazione e di estensione delle lotte operaie, cioè sul terreno concreto, o materiale, dell’antagonismo tra le classi così come si svolge secondo i luoghi e i momenti. Il fatto che l’iniziativa degli NWBCW sia rimasta finora limitata, in gran parte a causa dei limiti stessi delle mobilitazioni operaie, non toglie nulla alla loro validità per il combattimento di classe di oggi e domani.

Naturalmente, questa esperienza non è per noi esclusiva. Ogni altra iniziativa, appello a una conferenza o altro, sarebbe benvenuta a condizione che sia chiaramente sul terreno della lotta di classe e dell’internazionalismo proletario. Purtroppo non è questo il caso del Congresso. Il suo Appello si rivela un compromesso impossibile tra anarchismo e posizioni rivoluzionarie. E quando è esplicito sulle posizioni politiche e sugli orientamenti avanzati, prevalgono le posizioni e l’attivismo anarchici.

Ne consegue che il congresso contro la guerra è destinato nel migliore dei casi all’impotenza politica, nel peggiore dei casi al pacifismo radicale e all’attivismo di estrema sinistra. Salvo respingere il terreno della “anti-guerra” e iscriversi su quello dell’internazionalismo proletario.

Saluti internazionalisti, il GISC, il 6 aprile 2024

Accueil


Notes:

[3. Le organizzazioni politiche rivoluzionarie possono comprendere e persino esprimere la loro solidarietà e fratellanza di fronte agli atti individuali contro la guerra, quando sono l’espressione della rivolta e anche della disperazione dei singoli. Ma devono anche sottolineare l’impasse politica e personale di questi individui e il pericolo politico che rappresentano voltando le spalle all’unica lotta che può opporsi alla marcia verso la guerra generalizzata, cioè la lotta di classe soprattutto collettiva del proletariato.

[4. Si tratta di un secondo testo dalle formule meno anarchiche, Insieme contro le guerre capitaliste e la pace capitalista, che chiama a “trasformare la guerra imperialista in una guerra rivoluzionaria per l’abolizione della società di classe del capitale basata sulla miseria”, ma che rimane fondamentalmente sullo stesso terreno dell’Appello.

[5. Nessuna guerra che non sia guerra di classe – Un appello all’azione dalla Tendenza comunista internazionalista:

https://www.leftcom.org/it/articles/2022-04-07/nessuna-guerra-che-non-sia-guerra-di-classe-%E2%80%93-un-appello-all-azione