Rivoluzione o guerra n°24

(Maggio 2023)

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Francia e Gran Bretagna: lotte operaie e intervento rivoluzionario (Corrispondenza con Bilan & Perspectives - TCI)

L’ascesa delle reazioni operaie a livello internazionale è la risposta de facto del proletariato internazionale alla crisi e alla dinamica verso la guerra imperialista generalizzata – la Terza Guerra Mondiale – che il capitalismo sta annunciando. È un’espressione reale dei massicci scontri di classe che stanno per arrivare. La crisi e la guerra, la prima rendendo la dinamica verso la seconda il fattore centrale della situazione storica, obbligano ogni classe dirigente capitalista nazionale a raddoppiare gli attacchi al proprio proletariato. Una delle poste in gioco dell’imminente dramma storico sarà la capacità delle minoranze comuniste rivoluzionarie e del partito una volta costituito di issarsi in prima linea nel confronto di classe e di assicurarne la direzione politica. Esiste quindi tutta un’esperienza di analisi e comprensione delle dinamiche del fenomeno dello sciopero di massa che spetta ai gruppi comunisti sviluppare e, in parte, riappropriarsi – soprattutto per le giovani generazioni di rivoluzionari.

Da questo punto di vista, le massicce mobilitazioni proletarie nel Regno Unito e in Francia e l’intervento dei gruppi della Sinistra Comunista – ci limiteremo a questi – pur essendo ultra-minoritari, ci forniscono un’esperienza che deve essere condivisa a livello internazionale da tutti i gruppi rivoluzionari e comunisti, quello che chiamiamo il campo proletario. I gruppi della Sinistra comunista che, a nostra conoscenza, sono intervenuti nella lotta in Francia con volantini e articoli sono stati la TCI, il PCI-Le Prolétaire, la CCI e noi stessi, a cui si aggiunge il nucleo in Francia di un altro PCI che pubblica Il Partito Comunista. Nel complesso, ad eccezione di quest’ultimo che invoca “veri sindacati di classe”, tutti difendono gli stessi orientamenti generali: denuncia della tattica sindacale delle giornate d’azione; enfasi sulla necessità di estendere e unificare gli scioperi e le manifestazioni. Tutti, senza eccezione, compreso la CCI – nonostante la sua posizione da congresso che esclude qualsiasi rischio di guerra imperialista generalizzata – sono stati in grado di stabilire un legame tra gli attacchi al proletariato, le pensioni e i tagli ai salari, e la preparazione di una guerra generalizzata attraverso lo sviluppo dell’economia di guerra e la produzione di armamenti.

L’unica critica che faremo in questa sede, non legata alla questione sindacale in sé, sarà rivolta alla tendenza della CCI, di natura consiliarista, a cadere in un feticcio della auto-organizzazione. Essa fa delle assemblee generali “l’unico luogo in cui organizzare la risposta alla repressione e la difesa dei nostri strumenti di lotta.” E, nel bel mezzo di una lotta e di un confronto con lo Stato e i suoi sindacati, conclude ancora una volta con un appello astratto, al di fuori della battaglia immediata, senza oggetto per i proletari di fronte al sabotaggio sindacale, senza alcuna prospettiva concreta di lotta, a... discutere e dibattere: “dobbiamo riunirci, discutere, imparare dalle lotte passate, sviluppare le nostre lotte attuali e prepararci per le lotte future.” (volantino del 27 marzo) [1]

Più seriamente e fondamentalmente, la seguente corrispondenza tra il gruppo dalla TCI in Francia, Bilan et Perspectives (B&P) e il Grupo Internazionale della Sinistra Comunista (GISC) riguarda essenzialmente la comprensione delle dinamiche delle mobilitazioni proletarie in Francia e nel Regno Unito, e l’intervento dei rivoluzionari. La differenza è che la TCI sostiene che i sindacati sono anche organi di mediazione tra capitale e lavoro, cosa che noi rifiutiamo. Se questa differenza non ci ha impedito di adottare gli stessi orientamenti e slogan durante la mobilitazione contro le pensioni in Francia, al punto di intervenire insieme, non è stato così durante gli scioperi e le mobilitazioni proletarie nel Regno Unito. Affrontiamo questo punto nell’ultima parte della nostra lettera del 30 marzo. Proponiamo e apriamo questo dibattito ai lettori e a tutto il campo proletario.

2° Volantino da Bilan et Perspectives del febbraio 2023
Né le petizioni né i cortei faranno indietreggiare il governo! Organizziamoci a livello di base per combattere davvero!

Le massicce manifestazioni del 19 e 31 gennaio contro la riforma delle pensioni, le più grandi degli ultimi anni, hanno mostrato l’ampiezza della rabbia dei lavoratori di fronte a questo attacco della borghesia. I discorsi della borghesia e dei suoi tirapiedi, giornalisti ed esperti, non hanno ingannato nessuno. Tutti hanno capito che l’obiettivo era quello di risparmiare sulle nostre spalle riducendo le nostre pensioni.

MA QUESTA RABBIA VA OLTRE LA QUESTIONE DELLE PENSIONI, RIGUARDA IL DETERIORAMENTO DELLE NOSTRE CONDIZIONI DI VITA E DI LAVORO IN GENERALE: L’INFLAZIONE, LA RIFORMA DELL’ASSICURAZIONE CONTRO LA DISOCCUPAZIONE, I RITMI DI LAVORO, IL SOVRACCARICO DI LAVORO…

La borghesia, in tutto il mondo, sta moltiplicando i suoi attacchi ai proletari per salvare i suoi profitti, a fronte della crisi economica e delle conseguenze dirette e indirette della guerra in Ucraina. In Francia, dopo aver ridotto il sussidio contro la disoccupazione, e mentre i salari reali sono in calo da mesi, il governo chiede ulteriori sacrifici per rimediare al presunto deficit futuro del sistema pensionistico. Allo stesso tempo, il governo, aumenta le spese militari di un terzo nel 2024-2030, portandola a 413 miliardi di euro. Che futuro radioso ci aspetta! Dopo aver dato il nostro sudore, dovremo versare il nostro sangue per i loro profitti!

LE DIMOSTRAZIONI, PER QUANTO IMPORTANTI, NON BASTERANNO. La strategia decisa dai vertici sindacali ci porta alla sconfitta, come l’esperienza ha già dimostrato più volte. Il copione sembra scritto in anticipo e i ruoli sono ben distribuiti: i sindacati riformisti sono in attesa di accettare aggiustamenti alla riforma; i sindacati cosiddetti radicali si stanno già preparando a gridare al tradimento, nel frattempo stanno organizzando diverse azioni simboliche e blocchi per i più determinati, che si troveranno così isolati nel loro posto di lavoro.

Per quanto riguarda le organizzazioni di sinistra, esse stanno cercando di spingere il movimento nella speranza di ottenere il massimo dalla situazione. È facile intuire che attraverso la proposta di una riforma alternativa a quella del governo, sperano di incanalare la rabbia degli sfruttati verso le prossime elezioni. Un campo sul quale saremo sempre disarmati, in balìa delle manovre delle varie scuderie borghesi. Per il momento, si schierano ancora dietro l’unità sindacale, della quale la storia dimostra che prepara ancora e sempre... un brutto futuro. L’UNITÀ DI QUESTE FORZE NON È MAI MANCATA PER INQUADRARE IL PROLETARIATO E CONTENERE LA SUA RABBIA!dxv136

DOBBIAMO CONTARE SOLO SU NOI STESSI. Finché le direzioni sindacali hanno presa sul nostro movimento, non otterremo nulla. È un’illusione cercare di spingerle a lottare veramente

I sindacati, sono organi di mediazione tra capitale e lavoro, il loro ruolo è quello di negoziare il prezzo della nostra forza lavoro con il capitale e lo Stato. Non abbiamo nulla da negoziare con chi ci attacca, ma stabilire un rapporto di forza. I nostri interessi sono inconciliabili.

- PRENDIAMO IN MANO LE NOSTRE LOTTE. ORGANIZZIAMOCI ALLA BASE. DISCUTIAMO E DECIDIAMO INSIEME NELLE ASSEMBLEE GENERALI. O NEI COMITATI DI LOTTA COME DARE SEGUITO AL NOSTRO MOVIMENTO.

- SOLO LOTTANDO INDIPENDENTEMENTE DA TUTTE LE FORZE DI CONTROLLO/DISCIPLINAMENTO BORHESI E DIFENDENDO CON DETERMINAZIONE I NOSTRI INTERESSI DI CLASSE POTREMO FAR RETROCEDERE IL GOVERNO.

Bilan et Perspectives, TCI, volantino distribuito il 7 febbraio 2023

Lettera del GISC a Bilan et Perspectives (16 febbraio 2023)

Il GISC a Bilan et Perspectives (copia a la TCI),

Cari compagni,

Nell’e-mail che accompagna l’invio del 7 febbraio del bollettino in francese in occasione delle manifestazioni in Francia, indicate ai vostri corrispondenti che siete “interessati ad ascoltare le vostre critiche e i vostri commenti.” Ci permettiamo di rispondere rapidamente a questo appello nella speranza di precisare e chiarire accordi e disaccordi, che per questi ultimi sono di ordine abbastanza secondario. Il bollettino contiene tre testi:

- il volantino Né le petizioni né i cortei faranno indietreggiare il governo! Organizziamoci a livello di base per lottare davvero!

- il testo La borghesia mondiale sul piede di guerra;

- e l’invito a unirsi ai comitati della NWBCW Che cosa possiamo fare?

Esprimiamo il nostro accordo e sostegno agli ultimi due testi. Eventuali osservazioni riguarderebbero solo l’una o l’altra insistenza, o addirittura sarebbero solo di natura redazionale, e non esprimerebbero alcuna divergenza o sfumatura politica significativa. Il volantino, invece, pone una serie di problemi dal punto di vista politico.

Il volantino del 18 gennaio e la situazione in Francia

Ricordiamo prima che abbiamo fatto nostro il volantino da Bilan et Perspectives del 18 gennaio [2], fino a distribuirlo – in collaborazione con i vostri militanti a Parigi – nelle massicce manifestazioni organizzate dai sindacati in occasione della mobilitazione contro l’ennesima riforma delle pensioni in Francia. I suoi due slogan “da domani, rinnoviamo lo sciopero [e] organizziamo delegazioni per estendere la lotta ad altre aziende e luoghi di lavoro vicini” costituivano la risposta – l’alternativa – che i comunisti dovevano proporre in quel momento di fronte alle giornate di azione sindacale. Torneremo su quella, a nostro avviso più confusa, del “organizziamoci alla base”. Dal nostro punto di vista, quindi, l’assenza di una dinamica autonoma o anche di una particolare iniziativa operaia, come avevano saputo esprimere, ad esempio, gli scioperi selvaggi della primavera e dell’estate del 2022 in Gran Bretagna, ci incoraggiava a pensare che la borghesia [3] mantenesse tutto il controllo sulla situazione e sul malcontento e la relativa, ma reale, combattività dei proletari in Francia. In particolare, la pianificazione di giornate d’azione sindacali, ancora una volta, permetteva ai sindacati di occupare tutto lo spazio o il campo, anche sui terreni più “radicali”, che una conseguente reazione operaia poteva portare. Non ci dilungheremo su questo punto in questa sede, tanto più che ci sembra di essere d’accordo su questo particolare punto. In questo senso, le parole d’ordine del rinnovo dello sciopero dopo la giornata d’azione e dell’invio di delegazioni per estenderlo, rimasero le uniche che era opportuno proporre in quel momento – anche se si può immaginare–supporre che fossero già fuori dalla portata immediata, per quel momento, dei proletari in lotta, a causa del rapporto di forze esistente in quel momento e stabilito da :

- l’assenza di particolari iniziative dei lavoratori – nessuno sciopero selvaggio, nessuna lotta particolare in un luogo di lavoro che possa servire come punto di riferimento, o anche di unificazione, per la lotta, nessuna costituzione (per quanto ne sappiamo) di un comitato di lotta in una forma o in un’altra come le assemblee interprofessionali... ;

- l’occupazione del campo da parte dei sindacati, giornate d’azione nazionali e annunci da parte dei sindacati più a sinistra (CGT-SUD) di azioni radicali, di blocco dell’economia, persino di scioperi riconducibili... in date successive e per settore con, in parallelo, il gioco politico tra il governo e l’opposizione di sinistra e il dibattito parlamentare, con l’obiettivo di concentrare l’attenzione dei proletari sul terreno borghese.

Ci sembra che gli slogan del 18 gennaio fossero ancora validi per la giornata del 24 gennaio, al punto che abbiamo continuato a diffonderli. Questa giornata e l’assenza di un rinnovo dello sciopero il giorno successivo, o di una particolare iniziativa operaia, hanno definitivamente seppellito l’improbabile possibilità – per questo momento o per questo episodio della mobilitazione – di un superamento della tattica delle giornate d’azione e di una reale spinta operaia. Così facendo, i due slogan hanno perso la loro attualità e non corrispondono più alla situazione immediata, dal punto di vista dell’agitazione e della direzione politica. Abbiamo smesso di distribuire il volantino – come voi, a quanto pare – e ci siamo concentrati sulla distribuzione del nostro comunicato [4], che in realtà era un volantino più di propaganda – sulla guerra in particolare – che di agitazione immediata. Oggi, 15 febbraio, alla vigilia della quinta giornata di azione sindacale, possiamo considerare che nulla è cambiato nella dinamica della mobilitazione operaia in corso e che nessuna nuova prospettiva, tanto meno un orientamento e uno slogan particolare, sta emergendo dal punto di vista proletario.

Il volantino del vostro bollettino di febbraio

Le critiche – ripetiamo: minori – che faremo al volantino di febbraio del bollettino, sono di altro tipo e non riguardano l’analisi e la comprensione della dinamica della lotta stessa. Sono essenzialmente di due tipi, il primo molto meno importante del secondo. Il testo fa il collegamento tra gli attacchi subiti dai proletari e la guerra imperialista: “la borghesia, in tutto il mondo, sta moltiplicando i suoi attacchi ai proletari per salvare i suoi profitti, a fronte della crisi economica e delle conseguenze dirette e indirette della guerra in Ucraina.” Così come sono chiaramente contrapposti gli attacchi antioperai da una parte e l’esplosione delle spese militari dall’altra. Per quanto ne sappiamo, la TCI e il GISC sono le principali, se non le uniche, organizzazioni comuniste a stabilire chiaramente questo collegamento e a concentrare il loro intervento su di esso. Ciononostante, nel vostro volantino la guerra imperialista viene presentata come un elemento alla pari della crisi.

Certo, non c’è dubbio che la crisi sia all’origine della guerra imperialista e che le due si alimentino a vicenda. Tuttavia, la guerra imperialista, materializzata dalla guerra in Ucraina e dalla marcia verso la guerra generalizzata, è diventata – o più sfumatamente: sta diventando – il fattore primario, anche se non l’unico, che detta gli attacchi economici, politici, ideologici e repressivi di ogni borghesia nazionale. Ed è questo che crediamo vada sottolineato. Infatti, nelle circostanze attuali, “l’ineluttabile marcia del capitalismo verso la guerra è accompagnata dall’attacco universale alle condizioni di vita e di lavoro del proletariato.” [5] Ne consegue che “per quei proletari che, pur non essendo direttamente chiamati alle armi, appartengono, con la loro borghesia, ad un fronte imperialistico che nella guerra ha interessi diretti, immediati o soltanto futuri, il discorso cambia, ma soltanto per lo scenario in cui sono sollecitati a muoversi.” (TCI, La difficile strada dell’imperialismo europeo: un aggiornamento) [6]

Come si vede, la divergenza è minima e non cambia il posizionamento di classe e di... effettiva avanguardia politica della vostra posizione.

La seconda critica al volantino si riferisce a una questione politica più importante. Riguarda il carattere e la funzione che attribuiamo ai sindacati e, incidentalmente, alle forze di sinistra nell’apparato statale. “Dobbiamo contare solo su noi stessi. Finché le direzioni sindacali hanno presa sul nostro movimento, non otterremo nulla. È un’illusione cercare di spingerle a lottare veramente. I sindacati, sono organi di mediazione tra capitale e lavoro, il loro ruolo è quello di negoziare il prezzo della nostra forza lavoro con il capitale e lo Stato.” E “per quanto riguarda le organizzazioni di sinistra, esse stanno cercando di spingere il movimento nella speranza di ottenere il massimo dalla situazione.” (sottolineiamo) Invece di considerare i sindacati come organi a pieno titolo dello Stato capitalista, con una vocazione e una funzione politici antioperaie e controrivoluzionarie, la formula organo di mediazione tra capitale e lavoro apre la porta all’idea che essi non siano completamente borghesi e che possano ancora rappresentare, almeno in parte, gli interessi immediati della classe, dal momento che si trovano tra le classi, come intermediari o arbitri tra capitale e lavoro. Lo stesso vale, in un certo senso, per le forze di sinistra del capitale che cercherebbero di spingere il movimento. Ma sia i sindacati che le forze di sinistra del capitale non cercano di spingere il movimento, ma di inquadrarlo, controllarlo, sabotarlo quando c’è un pericolo, o anche una reale dinamica, di estensione e unificazione, e spegnerlo, in modo che finisca in un fallimento economico e politico di questa particolare battaglia della lotta tra le classi. E questo a favore del capitale e contro il lavoro.

In questo senso, preferiamo basarci sulla piattaforma dell’PCint del 1952, che è politicamente molto più chiara sulla questione sindacale : “categoricamente, il partito afferma che, nella fase attuale della dominazione totalitaria dell’imperialismo, le organizzazioni sindacali sono indispensabili all’esercizio di questa dominazione, in quanto perseguono finalità corrispondenti alle esigenze di conservazione e di guerra della classe borghese.” (sottolineiamo)

Implicazioni politiche della posizione sui sindacati come mediatori

Questa critica può sembrare priva di una reale sfida militante, una semplice pignoleria politica o addirittura teorica. Tanto più che il vostro volantino di febbraio è chiaramente dalla parte proletaria della barricata di classe del momento. Tuttavia, la posizione sui sindacati mediatori può avere implicazioni e conseguenze politiche per quanto riguarda l’intervento immediato, gli orientamenti e le parole d’ordine che il partito deve proporre in qualsiasi mobilitazione dei lavoratori. Infatti, potrebbe non vedere o sottovalutare la dimensione politica direttamente antioperaia e controrivoluzionaria dei sindacati – e delle forze della sinistra capitalista, comprese quelle di extrema sinistra. [7]

Così facendo, non sempre riusciamo a capire bene a cosa, a quale posta in gioco concreta e immediata, le loro politiche e i loro slogan successivi cercano di opporsi nel corso delle lotte, a seconda del momento e del luogo. Ovviamente, sarebbe opportuno prendere in considerazione ogni particolare mobilitazione proletaria per illustrare il nostro punto; cogliere quale sia la posta in gioco immediata in questa o quella particolare battaglia di classe; e comprendere il significato politico immediato delle diverse parole d’ordine dei sindacati, ufficiali e cosiddetti di base o radicali. In particolare, quando sono loro stessi, soprattutto quest’ultimi, a chiamare a scioperi rinnovabili, assemblee, coordinamenti, o persino di... auto-organizzazione; o addirittura, in certe occasioni, all’estensione stessa. [8] In generale, e per dirla in modo semplice – probabilmente avremo modo di tornare su questo punto – non mirano a fare affidamento su tale o tale dinamica operaia per negoziare il prezzo della forza lavoro ma, al contrario, a soffocarla, sabotarla e spegnerla. È a questo che l’avanguardia comunista, assumendo il suo ruolo di direzione politica, deve rispondere offrendo orientamenti alternativi nei diversi momenti di sabotaggio e di manovra sindacale.

Nell’attuale massiccia mobilitazione operaia, che per ora assomiglia a quelle precedenti del 2003, 2010, 2013, 2016 e 2019, l’obiettivo prioritario dei sindacati è impedire l’emergere e lo svilupparsi di qualsiasi dinamica di reale estensione della lotta a diversi settori, in particolare attraverso lo sciopero riconducibile; cioè, a qualsiasi dinamica di sciopero di massa. È quindi alla luce di questa sfida e in base alle condizioni concrete e successive in cui si pone, che dobbiamo comprendere l’azione dei sindacati, i diversi momenti e terreni del confronto politico e proporre orientamenti e slogan immediati di conseguenza. In questo senso, fare dell’autorganizzazione in sé uno slogan d’azione, “prendiamo in mano le nostre lotte”, “organizziamoci alla base” [9], non ci permette di fornire un’alternativa reale, se non in casi eccezionali e in situazioni concrete specifiche, al controllo politico dei sindacati sulle lotte. Peggio ancora, molto spesso e se ci sono rischi di estensione generalizzata, sono i sindacati e le forze di sinistra del capitale che possono farsi promotori più determinati dell’auto-organizzazione per meglio rinchiudere i lavoratori nel loro posto di lavoro o nella loro corporazione [10]. Non è forse questa una pratica sindacale abituale con cui il proletariato e i comunisti si confrontano regolarmente, in particolare in occasione di ogni mobilitazione operaia in Francia? Non è forse questo l’oggetto della maggior parte delle assemblee interprofessionali che le extreme-sinistre e i sindacalisti radicali non smettono mai di mettere in atto come misura preventiva contro l’eventualità di uno straripamento dei sindacati? In questo senso, più che invocare l’organizzazione alla base, formula a dir poco astratta nella realtà, è opportuno invocare questo o quello slogan, compreso uno slogan di organizzazione o di presa in mano, in vista delle esigenze immediate, locali e attuali di ogni lotta; esigenze che possiamo qui riassumere come quelle che portano all’estensione, alla generalizzazione e all’unità della lotta per puntare a stabilire il miglior rapporto di forza possibile con la borghesia e rendere così la lotta immediata stessa il più efficace possibile, in termini di rivendicazioni e di esperienza proletaria; esigenze la cui declinazione a seconda dei momenti e dei luoghi determina le parole d’ordine e le azioni immediate

Si tratta quindi soprattutto, quando si presenta concretamente, di chiamare i proletari a tenere un’assemblea generale per, ad esempio, scioperare, o per organizzare delegazioni di massa (o altro) per estendere lo sciopero o la lotta, per costituire un comitato di sciopero per tale o tale compito, ecc. Non è forse anche questo che ci insegna l’esperienza storica, quella dei bolscevichi tra il febbraio e l’ottobre 1917? Quando il partito seppe avanzare, poi ritirarsi, adattarsi – affidandosi ai comitati di fabbrica, non ai consigli, dal luglio al settembre 1917 – e riprendere con un altro contenuto politico concreto – l’insurrezione – lo slogan di tutto il potere ai consigli operai?

Esiste quindi un legame tra la comprensione odierna dei sindacati come organi politici a pieno titolo dello Stato capitalista e la loro piena e completa parzialità di classe, antioperaia e totalmente borghese – non tra le due classi –, che ci permette di cogliere il vero significato di ogni loro azione e slogan e le necessità di ogni lotta operaia. Non cogliere il carattere politico borghese dei sindacati limita, quando non vieta, il riconoscimento dei diversi confronti o delle battaglie particolari che i proletari devono affrontare. Si apre così la porta a parole d’ordine astratte, come auto-organizzazione, che rischiano, in fine, di rendere l’intervento dei rivoluzionari in ritardo rispetto agli eventi, o addirittura al terreno e ai tempi della borghesia.

Questi, cari compagni, sono i commenti e le osservazioni critiche che abbiamo voluto portarvi, nella speranza che siano positivi, pur sapendo che probabilmente sono lontani, molto lontani, dalla chiusura di questo dibattito..

Fraternamente, il GISC, 16 febbraio 2023

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Notes:

[3. Cioè l’intero apparato statale, di cui i sindacati sono una componente politica e antioperaia essenziale.

[5. Piattaforma da 2020 della TCI.

[7. Si veda il seguente articolo o lettera critica in questo numero e la posizione della CWO-TCI sugli scioperi nel Regno Unito (nota dell’editore).

[8. Per citare solo un esempio, è il caso del gennaio 1987 in Francia, al termine dello sciopero selvaggio, senza preavviso sindacale e soprattutto contro i sindacati che vi si opponevano, la CGT in primis, dei ferrovieri del dicembre 1986-gennaio 1987. Ci sono altri esempi di radicalizzazione improvvisa ed estrema dei sindacati e delle forze di sinistra che il proletariato sarà inevitabilmente portato ad affrontare in futuro, in particolare nei periodi pre-rivoluzionari e persino rivoluzionari. La Germania del novembre 1918 ci fornisce l’esempio storico più tragico.

[9. Senza tornare al pericolo consiliarista del feticismo dell’auto-organizzazione che la CCI ha sostenuto per due decenni e che non possiamo affrontare in questa sede.

[10. .L’autorganizzazione può anche essere usata per giustificare il divieto di intervento dell’avanguardia politica, del partito, come dimostra l’impossibilità per Rosa Luxemburg di intervenire al congresso dei consigli nel 1918 perché non era un’operaia e potevano essere delegati al congresso solo “coloro che erano iscritti nelle liste degli operai delle imprese o dei militari.” (La Révolution allemande, Pierre Broué, 1971)