Rivoluzione o Guerra n°23

(Gennaio 2023)

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Commenti sulle posizioni di base del Gruppo Internazionale de la Sinistra Comunista

Pubblichiamo di seguito una presa di posizione di un compagno che sta ’scoprendo’ la Sinistra Comunista. Prende posizione sulle nostre ’posizioni di base’. Ricordiamo che queste posizioni, oltre a essere una ’sintesi’ della nostra piattaforma e a presentare senza alcuna argomentazione l’insieme dei nostri principi e delle nostre posizioni di classe, definiscono il quadro dei principi – e quindi dell’adesione di qualsiasi membro – del GISC. Il compagno cita le nostre posizioni una per una e le segue con i suoi commenti. Da parte nostra, rispondiamo in una breve lettera, di seguito il testo, alla questione principale che il compagno solleva: “Sono scettico sul ruolo del partito rispetto al corso della rivoluzione e dopo, perché temo la possibilità di una degenerazione interna del partito in qualcosa di controrivoluzionario per il proletariato”. Per il resto delle questione specifiche o dei malintesi che il compagno esprime, gli rispondiamo sinteticamente in grassetto e tra parentesi. Il fatto che il compagno, che lo riconosce, stia scoprendo la Sinistra Comunista e sembri non conoscere alcune delle sue posizioni tradizionali non toglie nulla all’interesse delle sue osservazioni e alla necessità di rispondere ad esse nel modo più preciso possibile; per lui come per tanti altri...

Questi commenti sulle posizioni di base del Gruppo Internazionale della Sinistra Comunista (GISC) serviranno a sottolineare il significato di queste posizioni per il compito storico mondiale della classe operaia (il proletariato), la sua liberazione dalla schiavitù del modo di produzione e di scambio capitalistico e la realizzazione del comunismo. Serviranno anche a presentare la mia opinione su queste posizioni, per dare ai lettori un’indicazione delle mie posizioni e prospettive politiche per la Sinistra Comunista. Vorrei tuttavia chiarire che la mia lettura teorica e la mia seria comprensione degli scritti di Marx e di altri teorici da un punto di vista critico sono insufficienti. Non sono informato sulla teoria come vorrei, ma questo non significa che non capisca la necessità della teoria, o come il capitalismo influenzi la mia vita (...) e quella degli altri. È possibile che una volta acquisita una comprensione matura e critica della teoria stessa, questi commenti non rispecchieranno le posizioni che avrò in futuro, quindi forse questo può essere visto come un riferimento temporale delle mie idee. Ma sto divagando. Per cominciare, le posizioni di base del GISC sono descritte in venti punti. Affronterò ogni posizione punto per punto e, dopo aver esposto ciascun punto, lo commenterò con tutte le informazioni e i commenti che riterrò rilevanti.

  • 1) “Il GISC considera e definisce tutte le sue attività, sia interne che esterne, in funzione e come momenti della lotta per la costituzione del partito politico mondiale del proletariato, strumento indispensabile per il rovesciamento del capitalismo e l’instaurazione di una società comunista.”

La costituzione di un partito politico mondiale del proletariato è la chiave per la realizzazione del comunismo, perché richiede un internazionalismo proletario in senso veramente internazionalista, che non lasci spazio al nazionalismo, per quanto ’rivoluzionario’, ’progressista’ o ’marxista’ possa essere. Solo attraverso la creazione di un partito che comprenda e rappresenti gli interessi del proletariato internazionale potremo rovesciare il capitalismo e realizzare il comunismo, che getta nella spazzatura della storia le nazioni, gli Stati, le classi e, soprattutto, il capitale.

  • 2) “Oltre all’intervento nelle lotte del proletariato, il GISC conduce questa lotta soprattutto nel campo proletario internazionale. È composto da gruppi politici rivoluzionari che difendono e condividono le posizioni di classe del proletariato, in particolare l’internazionalismo proletario e la necessità della dittatura di classe del proletariato.”

Non si può costruire un movimento proletario senza proletari. La classe operaia mondiale, coloro che devono lavorare per sopravvivere, coloro che sono costretti dal capitalismo e dalle sue funzioni, che sono allo stesso tempo gli sfruttati e la classe rivoluzionaria, l’unica che può liberare se stessa, il pianeta e l’umanità dalle catene del capitalismo, deve trovare un modo per organizzarsi a livello globale proprio a questo scopo. Il comunismo, come dice Marx ne L’ideologia tedesca, è “... il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente.” Non può essere qualcosa di ’provato’ o ’consolidato’, soprattutto non in un solo Paese. Come il capitalismo è mondiale, così il comunismo deve essere mondiale e quindi l’espressione ultima degli interessi del proletariato dettati da e per se stesso – la dittatura del proletariato – deve garantire che non si lasci nulla di intentato fino a quando tutti i lavoratori in tutti i paesi saranno liberati dall’incubo capitalista.

  • 3) “Il GISC si rivendica della Prima, Seconda e Terza Internazionale e della lotta delle frazioni di sinistra al loro interno. In particolare, rivendica la lotta della frazione di sinistra del PC d’Italia all’interno dell’Internazionale Comunista contro la sua degenerazione stalinista e i contributi programmatici che ha saputo sviluppare e lasciarci in eredità fino ad oggi.”

Questo punto sembra fornire ai lettori una panoramica storica della genesi della Sinistra Comunista come tendenza, tuttavia devo dire che non ho sufficiente familiarità con le specifiche origini storiche di questa tendenza. Sembra che quando i comunisti di sinistra discutono della Terza Internazionale, non siano sicuri di quando la Terza Internazionale sia stata "bolscevizzata" o "stalinizzata" o qualsiasi parola si voglia usare. La TCI afferma nella sua ultima piattaforma che i primi due congressi dell’Internazionale sono stati validi, ma il GISC afferma che le "frazioni di sinistra" della Terza Internazionale dopo il suo secondo congresso sono anch’esse valide (almeno così ho letto, ma potrei sbagliarmi naturalmente). Per me, al momento, si tratta di una questione semantica e di dettagli banali che non avrebbero tanta importanza se si trattasse semplicemente di un documento di "posizioni di base".

[Tutta la Sinistra Comunista, soprattutto quella che si dichiara Sinistra Comunista d’Italia, ha la stessa posizione sui primi due congressi dell’Internazionale. E tutta la cosiddetta Sinistra Italiana si rivendica della lotta del PC d’Italia, e quindi della sua frazione di sinistra, all’interno dell’Internazionale Comunista contro le debolezze opportuniste che si sono manifestate già dal secondo congresso, e poi contro le concessioni dello stesso tipo dal terzo congresso in poi, e infine della lotta della frazione contro il processo di degenerazione opportunista che si è espresso nell’ascesa dello stalinismo nei vari partiti nazionali e nella stessa Internazionale. Non c’è quindi alcuna divergenza su questo punto tra la TCI e noi stessi.]

  • 4) “Solo il proletariato, classe sfruttata e rivoluzionaria allo stesso tempo, è in grado di distruggere il capitalismo e di instaurare il comunismo, la società senza classi. La coscienza di questa rivoluzione, la coscienza comunista, è prodotta dalla lotta storica del proletariato. Affinché si concretizzi, si difenda e si sviluppi, il proletariato produce minoranze comuniste che si organizzano in partiti e la cui funzione permanente è quella di portare questa coscienza comunista e restituirla all’intero proletariato.”

Le rivoluzioni borghesi europee del XVIII e XIX secolo, sviluppatesi sotto gli ideali liberali promulgati durante il “secolo del lumi”, sono rivoluzioni che hanno cercato di rimuovere il giogo dei rapporti di produzione feudali, ma non necessariamente le loro istituzioni, in alcuni casi. La Gran Bretagna, la Spagna e il Giappone, ad esempio, hanno monarchie – un’istituzione feudale – eppure il modo di produzione prevalente in questi Paesi è quello capitalista. Le rivoluzioni borghesi del passato hanno visto la borghesia rivoluzionaria abolire i rapporti di produzione feudali man mano che emergeva la sua nascente accumulazione di capitale. I suoi incentivi a garantire la liberalizzazione dei mercati e le riforme per la sua continua crescita le hanno permesso di organizzarsi politicamente per garantire che i suoi interessi e le sue richieste di produzione di capitale siano soddisfatte. Così, man mano che la borghesia si sviluppa, i rapporti della vecchia società vengono eliminati per formare nuovi rapporti. Ci si può chiedere: ’Ma cosa c’entra questo con il proletariato?’ Ebbene, la singolarità è che nella transizione storica dal feudalesimo al capitalismo, la classe rivoluzionaria non era sempre una classe sfruttata, ma nella transizione dal capitalismo al comunismo, la classe rivoluzionaria – il proletariato – è anche la classe sfruttata. Il suo sfruttamento è ciò che le conferisce il carattere rivoluzionario, e i proletari che si rendono conto delle loro condizioni e di ciò che devono fare per realizzare i loro interessi ultimi (la società comunista) devono puntare a organizzare la loro classe contro la borghesia il cui interesse è mantenere il capitalismo. Tuttavia, devo dire che ho dei dubbi sul ruolo del partito nel corso della rivoluzione e dopo, perché temo la possibilità di una degenerazione interna del partito in qualcosa che diventi controrivoluzionario per il proletariato. Forse perché non sono istruito sull’argomento.

[Si vedano i nostri commenti dopo questo testo]

  • 5) “Massima espressione di questa coscienza, il partito – o in sua assenza, le frazioni o i gruppi comunisti – costituisce e deve assumere la direzione politica del proletariato. In particolare, il partito è l’organo che da solo può condurre il proletariato all’insurrezione, alla distruzione dello Stato capitalista e all’esercizio della dittatura del proletariato.”

Per quanto riguarda il partito, devo ammettere che la forma partito è uno dei mezzi più potenti a disposizione della classe operaia per realizzare le sue rivendicazione e mobilitare la classe. Non posso dire di volere idealmente un partito burocratico centralizzato e dominante che guidi il proletariato. Naturalmente, ogni comunista butta tutto questo fuori dalla finestra. Temo che il proletariato perderà il controllo politico e quindi il controllo su se stesso, e sarà gestito dallo Stato operaio e da un partito degenerato che controlla non solo un paese, ma il mondo intero. Non sottovaluto l’importanza del partito, è piuttosto che forse non sono istruito sulla funzione del partito nella rivoluzione e sulla differenza di funzione con un partito "comunista" o "socialista" oggi. Spero che questo non sia visto come un rifiuto del partito, ma piuttosto come la mia mancanza di comprensione e di distanza dalle concezioni marxiste-leniniste di ’partito’, dal momento che per qualche tempo ho simpatizzato per il marxismo-leninismo, ma non sono stato formalmente un marxista-leninista, e nemmeno un membro del partito.

  • 6) “Il partito è organizzato e funziona sulla base dei principi che regolano la lotta rivoluzionaria del proletariato, l’internazionalismo proletario e il centralismo come momenti della sua unità e lotta internazionale. Il partito si costituisce fin dall’inizio, funziona e interviene come partito internazionale e centralizzato. Il GISC si costituisce fin dall’inizio, funziona e interviene come gruppo internazionale e centralizzato.”

I lavoratori del mondo non hanno nazioni. Nonostante ciò che i singoli lavoratori possono intendere come loro interesse individuale, questo potrebbe non essere nell’interesse della loro classe nel suo complesso, e se i lavoratori devono essere guidati dal partito dei lavoratori e per i lavoratori, il partito deve essere impegnato nella realizzazione del vero interesse della classe operaia: la società comunista mondiale. Ciò richiederebbe l’uso del centralismo. Tuttavia, la domanda importante da porsi è: che tipo di centralismo? Anche molte organizzazioni della sinistra del capitale, comprese le organizzazioni marxiste-leniniste e i partiti politici, sarebbero d’accordo sull’uso del centralismo, ma resta il fatto che la piattaforma del partito internazionale del proletariato è fondamentalmente diversa da quella dei partiti borghesi ’comunisti’ e ’socialisti’ della sinistra del capitale. Dal mio punto di vista, ciò dipende dal tipo di centralismo praticato dal partito. Onorato Damen, nel suo testo Centralizzazione del partito, sì! centralizzazione sul partito, no! sostiene che, sebbene un partito centralizzato sia necessario, l’imporsi del partito come unico organo di controllo del proletariato andrebbe a scapito del proletariato e quindi della rivoluzione nel suo complesso. Damen sostiene che un centralismo sul partito degenererebbe semplicemente nello stalinismo e mette in guardia dalle "conseguenze, in ogni caso disastrose, che si determinano in un partito che si riteneva rivoluzionario quando il suo organo centrale, come organismo a sé, opera all’infuori dei legami e del controllo con la base dell’organizzazione." [1] Cito Damen solo perché sono d’accordo con lui. Il partito deve organizzarsi centralmente, ma deve centralizzarsi in modo tale da non estromettere i suoi membri dalla leadership, e soprattutto non solo i membri, ma l’intera classe operaia.

[Il compagno precisa che la "la piattaforma del partito internazionale del proletariato è fondamentalmente diversa da quella dei partiti borghesi "comunisti" e "socialisti" della sinistra del capitale, comprese le organizzazioni marxiste-leniniste.” In questo senso, il compagno commette un errore politico di metodo paragonando la centralizzazione di carattere borghese, anche nella sua forma caricaturale e abietta di stalinismo, rivendicata da questi partiti con quella delle organizzazioni comuniste e del partito di classe, che è una centralizzazione di carattere proletario. Questo errore di metodo apre la porta al rifiuto del centralismo proletario, definito dall’esperienza stessa della lotta di classe proletaria che deve essere centralizzata, per il partito. In questo senso, non capiamo bene la fine del suo commento su questo punto.]

  • 7) "Il partito, cosí come il GISC, basa il suo programma, i suoi principi, le sue posizioni politiche e la sua azione sulla teoria del materialismo storico. Spiegando il corso della storia attraverso lo sviluppo della lotta di classe e riconoscendo il proletariato come classe rivoluzionaria, è l’unica visione del mondo che si pone dal punto di vista del proletariato. È la teoria del proletariato rivoluzionario.”

Nell’intera storia dell’esistenza umana nella sua forma moderna, circa 200.000 anni, il capitalismo ha fatto parte della storia per circa 300 anni. Se consideriamo che questo periodo di tempo è infinitamente piccolo rispetto all’esistenza dell’umanità e che è solo uno dei tanti modi di produzione in cui gli esseri umani hanno vissuto (schiavitù, feudalesimo, comunismo primitivo, ecc.), è chiaro che la storia dell’umanità è la storia di esseri umani divisi in classi economiche in lotta tra loro per i propri interessi materiali. Tutta la storia umana si basa sulla lotta di classe.

  • 8) “Solo dopo l’insurrezione vittoriosa e la scomparsa dello Stato borghese, il proletariato potrà organizzarsi come classe dirigente sotto la guida politica del suo partito. Il suo dominio di classe, la dittatura del proletariato, si esercita attraverso i consigli operai, o soviet. Questi possono mantenersi come organizzazione unitaria del proletariato solo a condizione di diventare organi dell’insurrezione e organi della dittatura di classe, cioè facendo proprie le parole d’ordine del partito.”

Abbracciando le parole d’ordine della dittatura del partito, i consigli operai mantengono una linea di demarcazione tra partito e classe, assicurando che i consigli siano uno strumento per la realizzazione di una fase superiore del comunismo, anziché degenerare in vasi della reazione. Ma di conseguenza, posso prevedere la possibilità che un partito in degenerazione possa gestire i consigli di controllo dei lavoratori in modo contrario ai loro reali interessi. Una tale degenerazione deve essere sottoposta a un qualche tipo di controllo, in modo che non si manifesti come un organo controrivoluzionario di controllo burocratico.

[Si vedano i nostri commenti dopo questo testo.]

  • 9) “La dittatura del proletariato consiste nell’utilizzare il potere di classe delle sue organizzazioni di massa, i consigli o soviet, per abolire il potere economico della borghesia e garantire la transizione verso una società comunista senza classi. Lo stato del periodo di transizione, della dittatura di classe, tra capitalismo e comunismo è destinato a scomparire con la scomparsa delle classi, del proletariato stesso e del suo partito, e l’avvento della società comunista.”

Da questa affermazione si ricava un’informazione importante: la dittatura del proletariato è solo una transizione dal capitalismo al comunismo (almeno così l’ho letta). Questo è un punto che raramente viene affrontato nei cosiddetti ambienti ’comunisti’, ed è per questo che lo trovo così stimolante. Non nega la necessità della lotta di classe, ma sottolinea il fatto molto ovvio che dobbiamo cercare di abolire le classi nel loro complesso durante questa fase di transizione. C’è la lotta di classe, ma c’è anche l’abolizione della classe, e deve essere ovvio per ogni comunista che le due cose vanno di pari passo, una non può esistere senza l’altra.

  • 10) “Dalla prima guerra mondiale del 1914, la guerra imperialista generalizzata e il capitalismo di Stato sono le principali espressioni della fase storica di decadenza del capitalismo.”

La decadenza del capitalismo sarà la sua caduta attraverso i pericoli della guerra imperialista, credo che questo punto non abbia bisogno di ulteriori sviluppi.

  • 11) “Di fronte all’incessante sviluppo del capitalismo di Stato, il proletariato può oppore solo la ricerca dell’unità in tutte le sue lotte, anche quelle più limitate o localizzate, solo facendosi carico della loro estensione e generalizzazione. Ogni lotta operaia, anche la più limitata, si confronta con l’apparato statale nel suo complesso, al quale il proletariato può opporre solo la prospettiva e l’arma dello sciopero di massa.”

L’idea di trovare l’unità nelle lotte della classe operaia “...facendosi carico della loro estensione e generalizzazione” è uno dei principi più importanti dell’internazionalismo e del comunismo, ed è un peccato che tanti "socialisti" preferiscano accontentarsi di riforme di lotte marginali come se questo fosse un passo significativo verso qualcosa di migliore. Ricordando alla classe operaia che le sue numerose lotte sono solo un’espressione dell’unico problema generale del capitalismo. Ascoltando le lamentele dei lavoratori e rendendosi conto che la causa principale dei loro problemi sempre più gravi è dovuta alla crescita del capitalismo, e mobilitandoli per attaccarlo attraverso lo sciopero di massa, si uniscono le molte lotte localizzate per l’emancipazione dei lavoratori nella lotta generalizzata contro il capitale e per una società libera e comunista.

[Non è “un peccato che tanti socialisti preferiscano accontentarsi delle riforme...” È nella natura di classe, borghese, delle forze di sinistra del capitale, qui i partiti socialdemocratici di oggi, e nella loro funzione al servizio dello Stato capitalista di opporsi alla lotta rivoluzionaria e di classe del proletariato. Anche in questo caso è fondamentale capire politicamente, cioè nella pratica della lotta di classe, come i partiti della sinistra del capitale, i cosiddetti partiti socialisti o marxisti-leninisti, in quanto organi e forze politiche dello Stato borghese, abbiano proprio una funzione antiproletaria e controrivoluzionaria.]

  • 12) “Nell’era del capitalismo di Stato dominante, i sindacati nel loro complesso, sia la dirigenza che le sezioni di base, sono organi a pieno titolo dello Stato borghese nella classe operaia. Il loro scopo è quello di mantenere l’ordine capitalistico all’interno dei suoi ranghi, di incastrare la classe operaia e di impedire, contrastare e sabotare qualsiasi lotta proletaria, in particolare qualsiasi estensione, generalizzazione e centralizzazione delle lotte proletarie. Ogni difesa dei sindacati e del sindacalismo è controrivoluzionaria.”

Sembra infatti che i sindacati, lungi dall’essere uno strumento per gli interessi del proletariato, siano diventati mere espressioni dello Stato. I sindacati non difendono gli interessi della classe operaia e non sono in grado di rispondere alle reali richieste dei lavoratori. Non possono quindi essere utilizzati come strumenti per la rivoluzione.

  • 13) “Nell’era del capitalismo di Stato dominante, tutte le frazioni della borghesia sono ugualmente reazionarie. Tutti i cosiddetti partiti operai, "socialisti", "comunisti", organizzazioni di sinistra (trotzkisti, maoisti, anarchici) o che si presentano come anticapitalisti, costituiscono la sinistra dell’apparato politico del capitale. Tutte le tattiche del fronte popolare, del fronte antifascista o del fronte unito che mescolano gli interessi del proletariato con quelli di una frazione della borghesia, servono solo a contenere e deviare la lotta del proletariato. Qualsiasi politica frontista con i partiti di sinistra della borghesia è controrivoluzionaria.”

Nella realtà odierna, nelle condizioni materiali in cui versa la classe operaia, è disastroso per i comunisti fare il minimo segno di alleanza con la sinistra del capitale, cioè con le ideologie della borghesia, che partecipano alle elezioni borghesi e difendono gli interessi della borghesia. Permettere alla classe operaia di concentrarsi su lotte che andrebbero solo a vantaggio del capitale e della classe borghese significa collaborare con una classe che ci vede come pedine. Non accettiamo l’unità con marxisti-leninisti, trotskisti, maoisti, anarchici, socialisti democratici o qualsiasi altra organizzazione cosiddetta ’anticapitalista’. Gli interessi dei lavoratori si realizzeranno solo quando avranno sviluppato i propri organi di potere, non iscrivendosi a qualche partito che manda i suoi delegati alle camere statali o comprando uno stupido giornale. Ricordiamo che il Partito Comunista della Gran Bretagna aveva un membro nella Camera dei Lord. Non si può avere un lord [un Signore] come comunista.

  • 14) “Nell’era del capitalismo di Stato dominante, il parlamento e le campagne elettorali, e la democrazia borghese in generale, non possono più essere utilizzati dal proletariato per la sua affermazione come classe e per lo sviluppo delle sue lotte. Qualsiasi invito a partecipare ai processi elettorali e a votare non fa che rafforzare la mistificazione che presenta queste elezioni come una vera e propria scelta per gli sfruttati e, come tale, è controrivoluzionaria.”

Secondo la mia risposta precedente, gli obiettivi elettorali sono obiettivi della borghesia. La classe operaia non ha alcun interesse in elezioni che non servono i suoi reali interessi. I cosiddetti partiti socialisti e comunisti nei parlamenti non possono mantenere le promesse di una società senza classi e senza denaro che il comunismo richiede, per quanto sincere possano essere le loro promesse.

  • 15) “Il comunismo richiede l’abolizione cosciente da parte del proletariato dei rapporti sociali capitalistici: produzione di merci, lavoro salariato e classe. La trasformazione comunista della società attraverso la dittatura del proletariato non significa né autogestione né nazionalizzazione dell’economia. Ogni difesa dell’uno o dell’altro è controrivoluzionaria.”

È compito della classe operaia sostituire con la propria vita le formazioni sociali in cui il capitalismo l’ha collocata. In questo processo, deve tenersi alla larga da qualsiasi idea di autogestione dei lavoratori, poiché questa non abolisce il concetto di impresa del capitale. Far sì che i lavoratori gestiscano le proprie sofferenze invece di farlo fare alla borghesia equivale, a mio avviso, all’autosfruttamento. L’inferno del capitalismo è l’impresa. Che l’azienda sia gestita in modo cooperativo o dallo Stato, deve essere abolita.

  • 16) “I cosiddetti Paesi "socialisti" o addirittura "comunisti", l’ex URSS e i suoi satelliti dell’Europa orientale, la Cina, Cuba, il Vietnam o anche il Venezuela di Chávez, sono stati solo forme particolarmente brutali della tendenza universale al capitalismo di Stato. Qualsiasi sostegno, anche critico, al cosiddetto carattere socialista o progressista di questi paesi è controrivoluzionario.”

L’esperimento del socialismo in un paese è un esperimento fallito. Devo dire che, pur essendo d’accordo con questa affermazione, devo ammettere che questi Paesi ’socialisti’ forniscono lezioni preziose per noi comunisti. Con questo intendo dire che si possono osservare i loro difetti e i loro successi, anche se marginali, e dedurre da queste osservazioni la verità. La verità è che, affinché il socialismo sorga, deve avvenire a livello internazionale e attraverso gli organi di controllo proletario (i consigli, il partito) e che questi organi devono lavorare per liberare la società dai rapporti sociali capitalistici a favore di un’associazione libera e iguale di produttori. I Paesi ’socialisti’, passati e presenti, hanno fatto poco più che nazionalizzare le imprese e generare capitale detenuto da un monopolio statale. Il capitale deve essere abolito, così come l’impresa e lo Stato borghese.

[“L’esperimento del socialismo in un paese [non è] un esperimento fallito.” Il socialismo in un solo paese non è, né può essere stato, un esperimento del proletariato, ma la manifestazione della vittoria dell’opportunismo nell’Internazionale Comunista e nel partito russo, del loro tradimento dei principi di classe, in particolare dell’internazionalismo proletario. In definitiva, si tratta di un esperimento riuscito della controrivoluzione capitalista internazionale e della stessa Russia.]

  • 17) “In un mondo ormai totalmente conquistato dal capitalismo e dove l’imperialismo si impone su ogni Stato, ogni lotta di liberazione nazionale, lungi dal costituire un qualsiasi movimento progressista, è di fatto un momento del costante confronto tra imperialismi rivali. Qualsiasi difesa dell’ideologia nazionalista, del "diritto dei popoli all’autodeterminazione", di qualsiasi lotta per la liberazione nazionale è oggi controrivoluzionaria.”

Ciò solleva un punto importante sul cambiamento delle condizioni materiali. L’affermazione è che “la difesa dell’ideologia nazionalista... di qualsiasi lotta di liberazione nazionale è oggi controrivoluzionaria.” Questa affermazione implica che le lotte di liberazione nazionale sono state un tempo un valido passo nella giusta direzione, a quanto pare. Tuttavia, nelle condizioni attuali, il nazionalismo è un vicolo cieco per la classe operaia mondiale e deve essere ignorato come strumento di emancipazione proletaria.

  • 18) “Per il loro stesso contenuto, le lotte settoriali, antirazziste, femministe, ambientaliste e altri aspetti della vita quotidiana, lungi dal rafforzare l’unità e l’autonomia della classe operaia, tendono al contrario a dividerla e a diluirla nella confusione di categorie particolari (razza, genere, giovani, ecc.). Tutte le ideologie e i movimenti che sostengono l’identitarismo, l’antirazzismo, ecc. in nome dell’intersezionalità delle lotte, sono ideologie e movimenti controrivoluzionari.”

Sono molto esitante su questo punto e trovo che sia difficile da capire. Capisco come le lotte parziali per questo o quello possano essere cooptate e private del loro reale potenziale, riducendosi così a qualcosa di debole. Ritengo che ciò possa aprire la porta a una retorica reazionaria contro il "settorialismo" che impedirebbe ai membri della classe operaia che sono, ad esempio, persone di colore, LGBTQIA+, ecc. di raggiungere la propria liberazione come parte del più ampio movimento per l’abolizione del capitalismo e la liberazione dell’intera classe operaia stessa. Così come la lotta antifascista non può essere combattuta attraverso un fronte unito tra liberali e non comunisti (perché non attacca il problema alla radice: il capitalismo), le lotte antirazziste, antimisogine, antiomofobiche e antitransfobiche non possono essere portate avanti sul terreno delle organizzazioni borghesi e della sinistra del capitale, perché questo impedirebbe davvero a chi lotta per la propria liberazione di farlo con determinazione. I comunisti devono aprire risolutamente le strade a coloro che si trovano ad affrontare questi pregiudizi per combatterli, in nome della più grande lotta contro il capitalismo. La liberazione delle persone di colore, delle persone LGBTQIA+, ecc. non può essere raggiunta al di fuori della lotta proletaria.

[Innanzitutto, il compagno non sembra condividere, o almeno aver compreso, come la lotta cosiddetta ’antifascista’ sia contraria alla lotta di classe del proletariato, classe sfruttata e rivoluzionaria allo stesso tempo, qualunque siano gli attori politici, anche se di classe e rivoluzionari e anche se escludono le forze politiche borghesi. In secondo luogo, è chiaro che la posizione storica della Sinistra Comunista internazionale sulle "lotte setorriali" è spesso quella che le giovani generazioni di rivoluzionari, in particolare in Nord America, trovano più difficile da comprendere e accettare. Le ideologie di sinistra, soprattutto quelle legate alla teoria dell’intersezionalità e dell identitarismo della sinistra borghese, sono un ostacolo alla riappropriazione del programma comunista da parte delle nuove forze militanti e un fattore di divisione all’interno delle stesse lotte proletarie. Non possiamo approfondire qui come dovremmo. Rimandiamo il compagno e i lettori al nostro articolo Intersezionalità, una produzione ideologica del pensiero dominante [2] pubblicato su Rivoluzione o Guerra #17. Proviamo con due sole parole:

  • - secondo il compagno, accanto all’emancipazione dei lavoratori e alla scomparsa delle classi, e quindi alla liberazione dell’intero genere umano dallo sfruttamento capitalistico e all’avvento della società comunista, potrebbero esserci liberazione particolari e specifiche da raggiungere, presumibilmente "accanto" alla lotta rivoluzionaria del proletariato. In pratica, il risultato è che quest’ultima è solo una lotta tra le altre. In realtà, sul piano politico, questa posizione si oppone alla lotta per l’unità del proletariato nella lotta. I sindacati, americani in particolare, lo hanno capito fino al punto di imporre rivendicazioni particolari per questa o quella categoria di lavoratori, neri, omosessuali, donne, ed escludere le altre "categorie" di proletari [3], mentre i comunisti devono cercare di imporre rivendicazioni il più possibile unitarie in cui tutti i proletari, cioè al di là delle corporazioni e dei particolarismi, possano riconoscersi e di cui possano farsi carico;
  • - più in generale, per la Sinistra Comunista e i rivoluzionari, “l’emancipazione degli operai (...) implica l’emancipazione universale dell’uomo [e] l’abolizione della proprietà privata è quindi l’emancipazione totale di tutti i sensi e le qualità umane” (Marx, Manoscritti del 1844, tradotto da noi). Ne consegue che il superamento di tutte le oppressioni e le discriminazioni particolari legate al genere, al colore della pelle, alle origini nazionali o religiose può essere assunto solo per la lotta rivoluzionaria del proletariato. Allo stesso modo, è solo nel quadro della sua lotta quotidiana che queste particolari oppressioni e discriminazioni, reali e inevitabilmente prodotte dalla società divisa in classi e dal capitale, possono essere combattute e respinte, se non eliminate del tutto, fino alla scomparsa della società di classe e della divisione del lavoro.]
  • 19) “Il terrorismo è espressione di strati sociali senza futuro storico e della decomposizione della piccola borghesia, quando non è direttamente il risultato della guerra che gli Stati conducono costantemente l’uno contro l’altro, e costituisce sempre un terreno privilegiato per le manipolazioni e le provocazioni poliziesche della borghesia. Sostenendo l’azione segreta di piccole minoranze, si oppone completamente alla violenza di classe, che è l’azione di massa cosciente e organizzata del proletariato.”

Il terrore è solo una componente della liquidazione della lotta, soprattutto nei luoghi in cui lo Stato borghese avanzato rende il terrorismo un vicolo cieco per il movimento reale. Mi chiedo una cosa riguardo alla lotta di classe. Se non sbaglio, i militanti della Sinistra Comunista si astengono dalla lotta armata? Sono ignorante e disinformato sulla militanza nella Sinistra Comunista e su ciò che comporta, e non voglio confonderla con il terrorismo.

[La Sinistra Comunista internazionale rifiuta ogni azione terroristica. Per noi, l’uso della violenza di classe può essere solo opera del proletariato nel suo insieme, cioè della violenza di massa. Riferirsi al proletariato nel suo insieme non significa l’aggiunta di ogni lavoratore, ma che la violenza è parte di un movimento generale che esprime gli interessi della classe in qualsiasi momento.]

  • 20) “Il GISC si batte, da oggi, affinché il futuro partito si costituisca sulla base programmatica dei principi e delle posizioni che lo precedono. La costituzione formale del partito è necessaria non appena l’intervento, gli orientamenti e gli slogan dei gruppi o delle frazioni comuniste diventano elementi materiali permanenti della situazione immediata e fattori diretti del rapporto di forza tra le classi. A quel punto, la lotta per la costituzione formale del partito diventa necessaria e urgente.”

La formazione del partito mondiale del proletariato può essere l’unica soluzione della classe operaia alla distruttività del capitalismo. Il GISC non pretende di essere il nucleo unico del futuro, né il futuro partito stesso, ma i suoi obiettivi e le sue misure devono apparire come una forza materiale nel movimento reale se vogliamo avanzare verso il comunismo. La lotta dell’ GISC oggi è la lotta del proletariato mondiale, ora e in futuro. Che i lavoratori di tutti i paesi si uniscano per la società comunista!

Leo Corelli, Agosto 2022

Risposta breve ai "timori" sul rischio di degenerazione del partito

Caro compagno,

Nel tuo commento al punto 1, tu affermi che “la costituzione di un partito politico mondiale del proletariato è la chiave per la realizzazione del comunismo” e che “solo attraverso la creazione di un partito che comprenda e rappresenti gli interessi del proletariato internazionale potremo rovesciare il capitalismo e realizzare il comunismo”. Poi ti preoccupi della “possibilità di degenerazione interna del partito” e del rischio da “un partito burocratico centralizzato e dominante che guidi il proletariato.” Innanzitutto, così come viene presentata qui, l’espressione dei tuo timori è in contraddizione con la tua chiara affermazione del partito come “la chiave per la realizzazione del comunismo.” In pratica, cioè politicamente, porre di per sé il pericolo di degenerazione del partito non serve a molto se non a esprimere una fortissima riserva sulla necessità e sul ruolo storico del partito, laddove invece andrebbe affermato a gran voce. Non si tratta ovviamente di negare che il partito possa soffrire di fallimenti e di un processo di degenerazione opportunistica. Il metodo marxista, ovvero il materialismo storico, affronta – e risolve – la questione della degenerazione del partito a partire dall’esperienza storica stessa: la crescente influenza dell’opportunismo nei partiti socialdemocratici prima del 1914 e nell’Internazionale Comunista a partire dal suo 3° Congresso, per dirla in parole povere; il confronto politico, e poi di principio, al loro interno tra le correnti opportuniste e le frazioni di sinistra; la vittoria delle prime e il fallimento delle seconde come espressione e fattore della sconfitta del proletariato nel 1914 e del regreso dell’ondata rivoluzionaria internazionale del 1917-1923. Come spiegare – e risolvere teoricamente e politicamente – la questione dell’opportunismo che ha conquistato l’Internazionale Comunista e il partito bolscevico? E, altrettanto importante se non di più, la questione della lotta che le frazioni di sinistra dovevano condurre al suo interno? La ragione fondamentale della burocratizzazione del partito bolscevico non va ricercata a Mosca o a Pietrogrado, e ancor meno nei presunti obiettivi personali dei malvagi Lenin e Trotsky, o addirittura di Stalin, ma a Berlino, Budapest, Munich… cioè nel fallimento dell’estensione internazionale della rivoluzione e nell’isolamento della Russia rivoluzionaria devastata da tre anni di guerra imperialista e da altri tre anni di guerra civile, essenzialmente guidata e diretta dagli imperialismi di allora. La questione della degenerazione dell’Internazionale e del Partito bolscevico può essere affrontata e trarre il massimo insegnamento solo in questo quadro storico.

È anche in questo quadro che dovremmo porre l’altra questione, più fondamentale, quella che tu sollevi quando teme “che il proletariato perda il controllo politico (...) e che venga gestito da (...) un partito degenerato”, quella del rapporto tra il proletariato e il suo partito. In Russia, uno dei fattori e dei prodotti dell’opportunismo all’interno del partito – e in particolare della sua identificazione, anzi dell’assorbimento, con lo Stato – è stato proprio il crescente indebolimento della partecipazione e dell’intervento delle grandi masse proletarie nei consigli operai, organi dell’insurrezione e della dittatura di classe, e nei confronti del cosiddetto Stato proletario. Così facendo, non erano solo i soviet a indebolirsi, ma il partito stesso. Ancora una volta, questo fenomeno non può essere spiegato dai malvagi apprendisti dittatori Lenin e Trotsky, né dall’infame avventuriero Stalin, ma dal riflusso della rivoluzione in Europa occidentale, poi dal suo definitivo fallimento, dal conseguente isolamento della rivoluzione in Russia e dalle drammatiche condizioni che vi prevalgono dopo più di sei anni di massiccia e sanguinosa distruzione.

Queste, caro compagno, sono le poche parole di risposta che volevamo darti.

In attesa dei tuoi commenti, saluti internazionalisti, il GISC

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